sabato 20 settembre 2014

STORIA DI ORDINARIA FOLLIA EUROPEA: LA MORTE DEI PICCOLI COMUNI

Elio Mameli è dal 2003 sindaco di un Comune della provincia di Cagliari, Villaspeciosa, una cittadina di 2500 abitanti, con la stessa storia e la stessa situazione di migliaia di altri Comuni in Italia. È un Comune che non ospita impianti eolici, discariche, non ha autovelox e neppure seconde case di villeggiatura. Il sindaco non può che contare su trasferimenti dello Stato e della Regione e i tributi comunali, imposti sui cittadini, artigiani e commercianti di Villaspeciosa. Nell'Eurozona di oggi lo Stato ha ridotto i trasferimenti diretti ai Comuni ed indiretti alle Regioni, e così Mameli ha capito che il suo ruolo di sindaco stava subendo una decisa trasformazione: da amministratore a esattore. Gli era chiesto di mettere le mani in tasca ai cittadini.
Quella non era l’unica trasformazione con cui ha dovuto fare i conti: la zona industriale di Villaspeciosa ampliata per ospitare altre 60 imprese che avevano fatto richiesta è oggi un’area desolata. Nessuna delle 60 imprese che aveva presentato domanda si è più rivista.

Elio Mameli ha scritto una lettera a Renzi con un preciso messaggio: i piccoli Comuni non sono Comuni di serie B e come sindaco non vuole prestarsi a essere complice della distruzione del tessuto sociale ed economico del territorio.

Come molti altri sindaci ha compreso che l’austerità sta portando avanti un processo di distruzione della civiltà. Lo abbiamo incontrato.

Quali sono le spese che il suo Comune deve affrontare?

Sono spese indispensabili: l’illuminazione pubblica, la mensa scolastica, la pulizia delle strade, la tenuta del cimitero, il funzionamento degli uffici. La maggior parte di questi appalti sono già assegnati al ribasso per cui non si può più tagliare sugli stessi se non eliminando o riducendo drasticamente i servizi. Con il governo Monti c’è stata una fortissima accelerazione dei tagli dei trasferimenti Stato-Comune e Stato-Regione-Comune. Siamo al limite della gestibilità. I margini di autonomia dei sindaci sono stati azzerati e le scelte economiche e finanziarie dello Stato diventano prioritarie su tutto. Per un comune sotto i 5000 abitanti il patto di stabilità è una follia: io non ho flussi di soldi che mi permettano di elevarlo e quindi spendere!

Come riesce a compensare la riduzione delle risorse dello Stato e gestire nello stesso tempo la cittadina?

Dal 2003 ad oggi ho ridotto progressivamente le spese del Comune in modo da non aumentare le tasse ai cittadini, ma oggi non c'è più margine. L'unica soluzione che lo Stato ci ha lasciato è aumentare le aliquote delle tasse. I tagli ai trasferimenti ai Comuni sono stati studiati per essere compensati dall’aumento delle tasse ad opera dei sindaci. Il risultato è che la faccia dobbiamo metterla noi. Prima da amministratore mi occupavo della crescita del paese. Quella era la missione principale di un amministratore locale. Un ruolo svilito dalle norme attuali.

Oggi l’obiettivo personale che mi pongo è di dare una mano alle famiglie per salvarle dal disastro a cui ci hanno condannato. Dieci anni fa il salario di un capofamiglia permetteva una vita decorosa, di mandare i figli a scuola, e anche di togliersi qualche piccolo sfizio. Oggi le stesse famiglie sono dietro la porta del Comune a chiedere aiuto per mandare avanti “la baracca”. L’assistente sociale mi segnala le persone che non riescono a pagare la TARI, tante, troppe. Come può lo Stato chiedere alle persone di pagare le tasse se poi non le mette nelle condizioni di lavorare? Tra il pane e le tasse la gente oggi sceglie il pane. Ma se questa situazione riesco a capirla io, sindaco di un piccolo paese, perché non se ne accorgono i grandi economisti che vengono consultati dai politici?

Nella lettera a Renzi fa riferimento al decreto di giugno 2014. Cosa vi viene chiesto con questo decreto?

A metà del 2014 il Governo ci dice di aver sbagliato i conti del 2013, ci hanno dato soldi in più (in realtà c’è da chiedersi in più rispetto a cosa)e ora li rivogliono indietro. Si tratta di una situazione inverosimile. Devo restituire dei soldi che ho già speso per le attività essenziali e devo ulteriormente tagliare le spese su quello che verrà trasferito nel 2014. Una volta che hanno “spremuto” i cittadini qual’è il passaggio successivo? Fare come in Grecia, buttar fuori i dipendenti pubblici?

Le amministrazioni locali sono rimaste l’unico riferimento per i cittadini che hanno perso la fiducia nell’Unione Europea, e prima ancora nello Stato, nelle Regione e nelle Provincia. È in atto un percorso di delegittimazione anche dei Comuni che passa attraverso i tagli. Usano l’economia per “chiudere” i piccoli Comuni e renderli sobborghi della aree metropolitane. Stiamo morendo per asfissia. Senza soldi non abbiamo ossigeno.

Secondo lei cosa succederà in futuro?

Mi auguro che in Regione si abbia un sussulto, uno scatto di orgoglio identitario, che ascoltino i sindaci e non Roma. Mi domando poi a cosa serva anche questa Unione Europea che di fatto non esiste? Gli Stati prendono in prestito i soldi dalle banche che ti fanno pagare gli interessi, soldi che sono quelli che gli gira la stessa Banca Centrale Europea. La mia è una battaglia, non una protesta; noi vogliamo costruire perché così stiamo rinunciando alla nostra sovranità. Mi piacerebbe vedere i 6700 sindaci dei piccoli comuni andare tutti a Roma in piazza, davanti a Montecitorio (perché dentro probabilmente non ci fanno entrare ) per dire basta alla politica e all’economia che opprime i comuni e quindi le famiglie. Dobbiamo mettere il governo di fronte alla sua responsabilità perché sta portando avanti le politiche di austerità che ci stanno distruggendo.

http://www.retemmt.it/

mercoledì 17 settembre 2014

Lo #sbloccatrivelle di Matteo Renzi

Lo "Sblocca Italia" considera di pubblica utilità, urgenti e indifferibili per decreto tutti gli interventi per ricerca di petrolio e metano, e per la rigassificazione e lo stoccaggio e il trasporto del gas. Il presidente del Consiglio l'aveva promessa ai "comitatini" ed è stato di parola: le maglie della valutazione d'impatto ambientale sono "allentate". Dubbi, però, sulla costituzionalità della norme. Clicca qui di seguito per leggere l'analisi di Pietro Dommarco, autore di "Trivelle d'Italia"

Altreconomia :: Lo #sbloccatrivelle di Matteo Renzi

martedì 16 settembre 2014

Petrolio nel Sannio. Nuova apertura di Caldoro

"No a posizioni pregiudiziali, occorre maturità nello studiare gli interventi, capire di cosa stiamo parlando e valutare i progetti senza imposizioni". L'apertura alle trivellazioni petrolifere (o quantomeno alla ricerca di idrocarburi nel Sannio ed in Irpinia) da parte del presidente della Regione Campania, Stefano Caldoro, appare piuttosto netta. Il governatore campano, ieri a Benevento per il convegno sul futuro della centrale idroelettrica di Campolattaro, non ha nascosto le sue aperture alle aziende petrolifere che hanno messo gli occhi (e le mani) sull'entroterra campano. Caldoro si è limitato a dire "perchè no?" ma appare più che evidente che la sua posizione è di totale apertura anche se la posizione ambigua del Governatore sul tema non è stato del tutto abbandonata: "No a posizione pregiudiziali ma nessun intervento è possibile se le popolazioni non sono d'accordo". 

Al numero uno regionale forse sfuggono una serie di particolari: gli incontri che associazioni ed amministratori hanno avuto in questi anni con le compagnie petrolifere (uno su tutti quello che si tenne nel Comune di Ginestra degli Schiavoni con i rappresentanti della Delta Energy ltd, dove la contrarietà ad ogni tipo di intervento fu netta, nonostante le rassicurazioni dei rappresentanti della società petrolifera), e le tante manifestazioni di dissenso dei 'No Triv' oltre a svariate azioni (specialmente in Irpinia) degli amministratori locali contro qualsiasi forma di ricerca dal sottosuolo. A questo però bisogna aggiungere che anche il Governo Renzi, con lo 'Sblocca Italia', è orientato a rilanciare la sfida petrolio. E dunque? Caldoro preferisce stare alla finestra, ancora, e non decidere.

Petrolio nel Sannio. Nuova apertura di Caldoro: 'No a imposizioni, occorre valutare'

mercoledì 10 settembre 2014

Obiettivo 3%: assalto alle casse del Sud

di Andrea Del Monaco*

«Noi i soldi sappiamo dove metterli: nell'edilizia scolastica, nella banda larga e nelle opere contro il dissesto idrogeologico. Noi sappiamo dove metterli ma devono essere investimenti slegati dalla cultura del rigore del patto di stabilità. La salvezza è nelle nostre mani, non in quelle europee, iniziamo a spendere bene i fondi europei», ha affermato il Presidente Renzi chiudendo la festa dell'Unità a Bologna. Purtroppo ciò è inesatto per due ragioni: secondo la Commissione Europea l'Italia non ha un progetto chiaro di sviluppo; nell'intervista al Sole 24 Ore del 28 agosto il Sottosegretario Delrio ha confermato il taglio del cofinanziamento nazionale ai programmi cofinanziati dai fondi UE per Calabria, Campania e Sicilia: probabilmente il Governo fa cassa per poter tagliare 20 miliardi.

Eppure il presidente Renzi ha appena dichiarato che gli investimenti devono essere slegati dal Patto di Stabilità. Qual è la versione ufficiale del Governo? Quella di Delrio o di Renzi? Se, come dice Renzi, gli investimenti non devono essere conteggiati nel Patto di Stabilità, perchè si taglia il cofinanziamento italiano ai programmi UE per il Sud? Solo per rispettare il tetto del 3% nel rapporto Deficit/PIL.

Ex Obiettivo Uno - Le Regioni, ora rinominate Meno Sviluppate, sono cinque: Puglia, Basilicata, Calabria, Campania e Sicilia. Malgrado Puglia e Basilicata siano più efficaci delle altre nello spendere i fondi Ue è improbabile una riduzione del cofinanziamento nazionale solo per tre delle cinque Regioni. O si riduce il cofinanziamento nazionale per tutte le cinque regioni o non si riduce per nessuna. Vedremo se il taglio sarà esteso anche a Puglia e Basilicata. 10,6 miliardi in sette anni; 10,6 miliardi in meno al Sud: tanto vale la riduzione del cofinanziamento ai programmi dei fondi strutturali dal 50 al 26% per le cinque Regioni. Il Presidente Renzi non ne ha parlato il 14 agosto quando è andato a Napoli, Reggio Calabria, Gela e Termini Imerese: qui Renzi ha detto «...Smettete di pensare che vi sia qualcuno che venga dall'alto e vi risolva i problemi. Questa cultura della rassegnazione e della delega al demiurgo che talvolta il Mezzogiorno ha avuto deve finire, il Mezzogiorno deve camminare sulle proprie gambe». Traduzione per i meridionali: avrete 10 miliardi in meno per uscire dalla crisi. Nelle stesse ore il 14 agosto ho partecipato ad un dibattito a Sky Economia: lì il Sottosegretario Baretta con onestà intellettuale ha confermato che la proposta di taglio è stata verbalizzata dal Governo alle Regioni ma non redatta in forma scritta. Il Governo ha formulato l'ipotesi di taglio del cofinanziamento solo in via orale in Conferenza Stato-Regioni a luglio. Poichè il Meridione ha già tanti disoccupati, poichè il Governo vuole far ripartire il Sud, poichè l'Italia non riparte senza il Sud, il Governo non può contraddirsi e tagliare risorse. Mentre il PIL crolla e i disoccupati aumentano, un programma di investimenti che crei lavoro vero sarebbe l'unica soluzione alla crisi.

L’ammissione - A luglio il Premier ha per la prima volta ammesso che la ripresa non c'è. Il 14 agosto nel tour meridionale avrebbe dovuto annunciare un piano per il lavoro con i fondi europei: l'unico modo per offrire una speranza a disoccupati e cassintegrati meridionali: tale speranza diventerà realtà solo se il Governo spenderà bene quelle risorse e se non taglierà il cofinanziamento italiano ai programmi UE per fare cassa. Entriamo nel merito. Per il ciclo 2014-2020 l'Italia avrà dall'Unione Europea 42,1 miliardi di euro: 31,7 miliardi dal FESR (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale) e dal FSE (Fondo Sociale Europeo); 10,4 dal FEASR (Fondo Europeo Agricolo di Sviluppo Rurale).

Il «bottino» - In Puglia, Sicilia, Calabria, Campania e Basilicata è concentrata la maggior parte di quei 42 miliardi: 22,2 miliardi di FESR e FSE; 4,519 miliardi di FEASR. Questi fondi europei dovrebbero cofinanziare i programmi operativi regionali (POR) e nazionali (PON). L'Italia, come tutti gli Stati Membri della UE, dovrebbe cofinanziare al 50% i suoi programmi (il 35% dovrebbe venire dal Governo, il 15% dalle Regioni). Questo cofinanziamento al 50% dovrebbe essere garantito soprattutto per le cinque Regioni Meno Sviluppate. Vediamo la dotazione FSE-FESR per le singole Regioni (somma dei POR e della quota regionale all'interno dei PON) e gli ipotetici tagli al cofinanziamento: 1) la Basilicata avrà 863,3 milioni di euro: il suo cofinanziamento ridotto al 26% varrebbe 448,9 milioni perdendo così 414,4 milioni; 2) la Calabria avrà 3031 milioni di euro: il suo cofinanziamento ridotto al 26% varrebbe 1576,1 milioni subendo un taglio di 1454,9 milioni; 3) la Campania avrà 6325 milioni di euro: il suo cofinanziamento ridotto al 26% varrebbe 3289 milioni perdendo così 3036 milioni; 4) la Puglia avrà 5120,2 milioni di euro: il suo cofinanziamento al ridotto 26% varrebbe 2662,5 milioni subendo un taglio di 2457,7 milioni; 5) la Sicilia avrà 6860,9 milioni di euro: il suo cofinanziamento ridotto al 26% varrebbe 3567,7 milioni, perdendo così 3293,2 milioni.Qualora il taglio del cofinanziamento si limitasse a Campania, Calabria e Sicilia varrebbe 7,784 miliardi di euro; se fosse esteso a tutte le cinque Regioni il taglio varrebbe 10,656 miliardi.

Il dramma - L'alluvione nel Gargano può essere l'ennesima motivazione per opporsi ai tagli prospettati dal Governo. Quei 10 miliardi potrebbero invece pagare un piano per il riassetto idrogeologico nelle cinque Regioni. Per realizzare tale piano il professor Aldo Loris Rossi, Ordinario di Progettazione Architettonica e Ambientale all'Università Federico II di Napoli, a Radio Radicale il 7 settembre, ha sollecitato l'istituzione di un'autorità simile alla Tennessee Valley Authority: questa è una società di proprietà federale degli Stati Uniti, creata da un atto costitutivo del Congresso americano nel maggio del 1933 per garantire la navigazione, il controllo delle piene, la produzione di energia elettrica, la produzione di fertilizzanti e lo sviluppo economico nella Valle del Tennessee, una regione particolarmente colpita dalla Grande Depressione degli anni '30.Il Presidente americano Franklin Delano Roosevelt creò tale società nell'ambito del New Deal, il piano di investimenti pubblici che fece uscire dalla Depressione gli Stati Uniti.

I governatori - Vendola, Caldoro, Pittella, Crocetta e il futuro presidente della Calabria dovrebbero opporsi al taglio del cofinanziamento di 10 miliardi e pretendere con quei soldi un piano per il riassetto idrogeologico nelle loro Regioni. L'alluvione del Gargano, causata dal disboscamento, dalla scarsezza di risorse, dalla cementificazione, dall’assenza di manutenzione dei corsi d’acqua e di chiare competenze istituzionali, è l'occasione per pretenderlo. Serve un New Deal con i fondi europei, non il taglio del cofinanziamento nazionale. Ma per un New Deal è necessaria una strategia chiara: secondo la Commissione Europea essa manca nell'Accordo di Partenariato il documento che programma i fondi UE per il 2014-2020 e che Bruxelles deve approvare affinchè l'Italia possa spendere i 42 miliardi europei. Il 13 agosto mattina a Milano alla presentazione dell'Expo il giornalista Fernando Mancini (RadioCor il Sole 24 Ore) ha fatto tale rilievo al presidente Renzi. Ha ricevuto la seguente risposta «Bruxelles chi?... Non c'è nessuno in Commissione Europea che pensa che non vi sia una strategia dell'Italia sui fondi europei.... Separiamo i fatti dalle opinioni...» . Giusto: abbandoniamo le opinioni e analizziamo i fatti.

L’accordo - Nelle Osservazioni del 10 marzo (45 pagine) sull'Accordo di Partenariato inviato dal Governo Letta (dicembre 2013) alle pagine 1 e 2 si legge: «Risulta pertanto impossibile individuare nel documento una chiara strategia di sviluppo territoriale che colleghi tra di loro i tre livelli territoriali proposti (Agenda Urbana, Strategia per le Aree Interne e Cooperazione Territoriale) che vanno integrati in una strategia nazionale completa e coerente». Il 22 aprile il Governo Renzi ha inviato una nuova versione dell'Accordo di Partenariato. Il 9 luglio la Commissione Europea ha inviato 44 pagine di Osservazioni al Governo Renzi sulla nuova versione dell'Accordo. Le Osservazioni sono firmate da quattro Direttori Generali: Plewa (Agricoltura), Deffaa (Politiche Regionali), Evans (Pesca) e Servoz (Lavoro). In tema di capacità amministrativa i quattro direttori Generali ritengono la logica generale alquanto debole (pag. 40) e ci chiedono di non confondere l'Assistenza Tecnica per la gestione dei fondi UE con il rafforzamento della capacità istituzionale (pag. 24). Il nostro Accordo «parla di presidio centrale», ma non specifica «chi», «che cosa», «quando» e «come». «I rapporti tra i risultati attesi e gli indicatori sono troppo vaghi e non sono spiegati»; il potenziale impatto degli interventi, ossia la possibilità degli interventi di influenzare gli indicatori, è di natura molto incerta (pag. 25). Sull'Agenzia per la Coesione Territoriale Bruxelles ci chiede di chiarire: «chi decide il proprio piano operativo, come funziona il controllo del Primo Ministro» Renzi, «come interagisce con il consiglio di Amministrazione composto dai rappresentanti delle Regioni...» (pag. 41).Prima di tagliare 10 miliardi al Sud Renzi garantisca risorse e capacità istituzionale per un New Deal pagato con i fondi UE.

* esperto fondi strutturali europei

La Gazzetta del Mezzogiorno.it

venerdì 5 settembre 2014

Decreto Sblocca Italia: via libera alle trivelle, protesta Legambiente

Le associazioni ambientaliste sono sul piede di guerra dopo aver letto il testo del decreto sblocca Italia varato dal Governo. Un provvedimento che di fatto autorizza le trivellazioni petrolifere anche in caso di parere contrario delle Regioni. Le mire delle società petrolifere si concentrano soprattutto sulla Basilicata, regione le cui risorse sono state ancora poco sfruttate.

Secondo il Premier Matteo Renzi, che ieri ha risposto alle polemiche sollevate da Legambiente, è irragionevole rinunciare a trivellare il sottosuolo lucano dal momento che è ricco di petrolio. Secondo le stime si parla di risorse non sfruttate per almeno 400 milioni di barili. Come ha fatto notare il Presidente del Consiglio: "È assurdo continuare a lamentarsi del problema energetico se non si tira fuori il petrolio che c’è in Basilicata, in Sicilia, ovviamente coinvolgendo le Regioni e valorizzandole sul patto di stabilità".

La Strategia Energetica Nazionale (SEN) messa a punto dal Governo Renzi mira a estrarre 24 milioni di barili di greggio all’anno entro il 2020, il doppio degli idrocarburi estratti oggi in Italia. Le nuove norme contenute nel decreto sblocca Italia dovrebbero attirare investimenti per 15 miliardi di euro.

Legambiente smentisce le cifre snocciolate da Palazzo Chigi. Il petrolio estratto nei mari italiani, circa 10 milioni di tonnellate, basterebbe secondo gli ambientalisti a soddisfare appena due mesi di consumi. I danni al patrimonio naturale della penisola sarebbero invece infinitamente più duraturi. Dello stesso parere è il geologo Mario Tozzi che, dall’alto della sua esperienza nell’industria petrolifera, mette in guardia sui pericoli delle trivellazioni in regioni ad alto rischio idrogeologico come la Basilicata.

D’altro canto, diversi esponenti del mondo della finanza fanno notare che non investire nell’industria degli idrocarburi porterà l’Italia, e l’intera Europa, a pagare molto di più l’energia elettrica, frenando lo sviluppo industriale e aggravando la crisi economica.

Oltre al tema scottante delle trivellazioni, a tenere banco oggi sono le proteste dei verdi sul capitolo edilizia contenuto nel decreto sblocca Italia. Secondo Angelo Bonelli le nuove norme aprono alla cementificazione legalizzata delle coste italiane:
"I fondi comuni che investono nel mattone potranno ottenere in concessione aree pubbliche costiere per realizzare interventi edilizi in deroga anche ai piani regolatori. L’esatto opposto del consumo zero di suolo".

(Fonte: www.greenstyle.it)

martedì 2 settembre 2014

ENNESIMI ANNUNCI DEI POLITICI SU STRADE E FERROVIE: PER LORO, TANTO BASTA...

Euro come noccioline, milioni e miliardi come se piovesse: l'Alta Velocità/Alta Capacità Napoli-Bari – nel suo segmento provinciale -, la strada statale 372 Telesina e anche la strada statale 212 Fortorina sono i tre interventi che annegano nell'oro del decreto cosiddetto Sblocca-Italia, varato con l'ultimo Consiglio dei Ministri di agosto dal governo a guida Renzi. Tre infrastrutture, la prima ferroviaria le altre due viarie, oggetto – con una serie di altre – di rilancio, di una nuova ripartenza grazie all'accelerazione nell'apertura dei cantieri (novembre 2015 per l'Alta Velocità, opera già finanziata) e allo stanziamento (complessivo) di 3,9 miliardi di euro per opere invece cantierabili, nel nostro caso (adeguamento, cioè raddoppio, della “Telesina” e Fortorina) entro il 31 agosto 2015.

Il provvedimento, ovviamente, reca con sé il cappello politico: “Il raddoppio della Statale 372 'Telesina' si farà. Grazie all'impegno del ministro Lupi e del Nuovo Centrodestra, il Consiglio dei Ministri ha stanziato oggi (29 agosto, Ndr) 90 milioni di euro per implementare del collegamento stradale tra Caianello a Benevento".parole e musica della nta diffusa alla stampa dal presidente dei Deputati Ncd, la beneventana Nunzia De Girolamo.

Che non si tira indietro, sui meriti: “Nei mesi scorsi da capogruppo Ncd alla Camera avevo da subito sollecitato il governo sul futuro dell'opera, attraverso una interrogazione che chiedeva di ripristinare le risorse sottratte per destinarle al piano scuola. La sinergia con il Ministero delle Infrastrutture ha consentito di inserire il raddoppio della Telesina tra le opere infrastrutturali da finanziare nel decreto Sblocca Italia. Un'arteria strategica, di estrema importanza per la comunità locale, che consente di collegare il capoluogo sannita con la sua provincia occidentale, oltre a riuscire a decongestionare il traffico in aumento negli ultimi anni”. “Abbiamo assistito a un ottimo esempio del buon governo del Nuovo Centrodestra", è la conclusione dell'ex ministro dell'Agricoltura del governo Letta, dal quale si accomiatò in anticipo rispetto alla sua naturale fine (leggi: Renzi) per note vicende inerenti situazioni sanitarie locali. La gratifica alla deputata sannita giunge anche dal coordinatore regionale del Nuovo Centrodestra, Gioacchino Alfano: “I fondi per proseguire i lavori della Telesina erano stati dirottati sull'edilizia scolastica ma sono stati nuovamente destinati all'importantissima arteria stradale della Campania, grazie all'impegno del capogruppo a Montecitorio di Ncd Nunzia De Girolamo e la competenza del Ministro Lupi".

Sul fronte (che dovrebbe essere) opposto ma convergente per contiguità governativa, l'organo ufficiale telematico del Partito Democratico sannita, il sito Dem24, sul tema titola, con efficace sintesi: “Sblocca Italia chiamatelo pure Sblocca Sannio. Sì a Telesina e Napoli-Bari”, e sopra il testo risalta l'effigie del sottosegretario Umberto Del Basso De Caro. L'equivalente delle menzionate note-stampa del Ncd e di De Girolamo.

Sempre Dem 24 fa in modo corretto un breve e interessante excursus su genesi e stato delle opere cantierate o sbloccate, ricordando, infine, che “lo sblocco delle due opere determinerà effetti anche nel Sannio, con il rilancio degli investimenti, della crescita e dell’occupazione”. E, nel caso, è solo una questione di tempi (nel senso che non è dato sapere se i nipoti o i pronipoti saranno in grado di valutarne gli effetti).

Breve riepilogo, dunque:
Alta Velocità/Alta Capacità Napoli-Bari: protocollo d'intesa siglato nel 2007; lotti di lavori interessati in loco: velocizzazione/raddoppio Cancello-Benevento e nuova linea Apice – Orsara,tempistica di conclusione incerta (come esempio, riportiamo sempre il dato fornito da Dem24, relativo alla tratta ferroviaria pugliese Orsara-Bovino, il cui completamento è previsto per il 2021);

Strada Statale 212 Fortorina: risale almeno al 1996 il progetto del tratto compreso fra Pietrelcina e S. Marco dei Cavoti, ma quasi in modo naturale nella comune vulgata alla strada s'associa storicamente il termine 'eterna incompiuta' e/o 'disagio' per comprenderne il brodo di coltura infrastrutturale;
infine, dalla posa delle prime pietre, una quarantina d'anni fa, a oggi, il percorso dal casello di Caianello sull'autostrada A1 al casello di Benevento dell'autostrada A16 è stato lastricato più di incidenti e morti più che della realtà del raddoppio - sempre stato sul tappeto - dell'unica carreggiata, sbloccato dal Consiglio dei Ministri di questo 29 agosto.

In tutti e tre i casi, insomma, siamo in perfetto ritardo nelle necessità e sui tempi, ma in perfetto orario per la politica del momento, degli annunci e degli auspici. Quest'ultima spende il suo credito nell'immediato, mentre le genti sannite palpitano - oh sì, palpitano - per comprendere quando, e se, ci sarà “il rilancio degli investimenti, della crescita e dell’occupazione" (frase che suona quantomeno un po' stridente con i contestuali - sempre 29 agosto - drammatici dati diffusi dall'Istat, che parlano ancora di un generale calo dell'occupazione, nel Paese, di calo dei prezzi e di nessuna impennata nei consumi). E soprattutto per comprendere noi cittadini se, prima che ciò accada, adesso e nel futuro prossimo, dovremo considerarci, qui nel Sannio, in uno stato di serena rassegnazione al sottosviluppo.

(Tratto dalla pagina Facebook de IlVaglio.it)

lunedì 1 settembre 2014

Telesina, per “Il Sole 24 ore” è bollino rosso. Nello “Sblocca Italia” anche la Fortorina

Telesina, Alta Capacità e perfino la Fortorina. Una “Sblocca Italia” ricco per il Sannio quello approvato dal Governo Renzi. In bilico fino a ieri il raddoppio della Telesina, la strada che unisce Benevento e il casello autostradale di Caianello, potrebbe diventare realtà grazie ai 90 milioni di fondi. Il raddoppio della Telesina rientra però tra le opere finanziate a condizione che siano cantierabili entro il 31 agosto 2015. Proprio come il Primo lotto Asse viario S.S. 212 Fortorina.

Ma se pensate di vedere a breve cantieri sulla Telesina, vi sbagliate. Stando infatti allo schema pubblicato su Il Sole 24 ore oggi (l'altro ieri per chi legge), la Telesina ha un bel bollino rosso: l'autostrada in project financing con gara ancora da bandire e finanziatori da reperire. Ancora molto in forse, insomma, e con tempi lunghi. (Per continuare a leggere clicca qui sotto)

Telesina, per “Il Sole 24 ore” è bollino rosso. Nello “Sblocca Italia” anche la Napoli-Bari e la Fortorina | economia | news | NTR24 - l'informazione sul web

sabato 30 agosto 2014

DEVASTAZIONE AMBIENTALE | Un grido d’allarme dal campeggio No Triv di Morcone

di Nicola Savoia

succede che a morcone, in località paradiso degli asini, un bel po’ di gente si stia incontrando per parlare di devastazione ambientale e provare a capire come evitarla. la maggior parte giuovini, ma anche qualche vecchio, proviamo a parlarne perché in qualche modo cerchiamo di scongiurarla. proviamo a parlarne con chi quei territori li vive, e nessuno dice loro quello che succederà, anzi, già succede. per quanto nominalmente sia centrato contro i progetti petroliferi, il campeggio, le chiacchiere, i concerti, parlano anche di eolico selvaggio, centrali energetiche assurde: turbogas, ma sopratutto, nell’immediato, monte alto, piattaforme logistiche ed altre boiate varie il cui unico senso si definisce: speculazione. cioè, c’è un’impresa privata che vuole scavare un buco di una decina circa di chilometri sotto le colline, non per produrre più energia, ammesso e non concesso che questo sia un obiettivo commendevole, ma per lucrare sulla differenza di prezzo tra il momento di produzione e quello di vendita. come i ladri di pisa, e pare nessuno sia interessato alla distruzione ambientale che tutto questo comporta.

dovrei ora attaccare un pippone sterminato su vocazione territoriale, modello economico (oh, per carità, piantiamola di parlare di sviluppo: a furia di svilupparsi, qualunque organismo implode, figurasi in condizioni di risorse date)? no. né voi, né, più modestamente, io, abbiamo tanto tempo da perdere dietro cose che conosciamo tutti. come conosciamo i dati della disoccupazione, dell’emigrazione, di quelli che vanno a mangiare alla caritas, dei letteralmente senza casa. chiudiamo serenamente gli occhi, fin quando arriveranno trasferimenti statali, pensioni, occupazioni ‘pubbliche’, eccetera, tiriamo a campare. durerà massimo altri due decenni, poi qui sarà il deserto.

ma il mio punto vorrebbe essere un altro, cioè: il ceto dirigente locale, che cosa starebbe facendo? parlo degli intellettuali. appresso a quali uccelli volano? fate grandi scuole di filosofia, eccellente, immagino, ma declinate l’idea deteriore di filosofia, quella per cui il filosofo guarda il cielo e casca nei fossi. parlo di stampa, giornalisti, media, comunicazione. senza manco infierire sulla padronanza dell’abc della grammatica, ma davvero pensate che il problema di questa città sia la prostituzione? si può mettere una faccina ridente in un articolo di giornale? e il ceto politico, come si dice, ora, bipartisan? di che preferiamo parlare, del sindaco che persegue il fantascientifico progetto di trasformare la città in una specie di magazzino, leggasi piattaforma logistica, o di tutti i politici di spicco, si fa banalmente per dire, de girolamo, abbate, aceto, izzo, colasanto, e continuate voi, niente di personale, sono solo i primi venuti in mente, che non dicono mezza parola sui progetti di estrazione petrolifera in quella che i nostri nipoti avrebbero potuto ricordare come la terra del vino, ma non lo faranno, perché i nostri figli e nipoti nasceranno e cresceranno altrove, perché voi possibili genitori sarete costretti ad emigrare? ma, insomma, sarà mai possibile che il partito politico, ed i suoi esponenti, che comanda tutto in città e provincia, non abbiano mai, e rafforzerei il mai, convocato un’assemblea, un direttivo, un attivo, non so manco più come li chiamino, per dire alla gente, e la chiamo gente perché popolo più non siamo da un pezzo, guardate che ci sono questi progetti di estrazione di petrolio, ne volessimo parlare?

in mezzo ad una morra di moralisti d’accatto, disadattati intellettuali che si scandalizzano per un bacio, e non è manco omofobia, ma proprio sessuofobia, e poi giù titoli sulla prostituzione, l’unica è armarsi. non stiamo manco a parlare di crisi della rappresentanza politica, però ricordo un esilarante intervento pubblicato in questo giornale, per cui i centri sociali dovrebbero fare i conti con l’idea di violenza. lo facciamo, giorno dopo giorno. a che pro parlare delle mazzate selvagge che prendiamo, da genova 2001 in poi? le prendiamo e ce le accusiamo. generalmente non in ospedale, perché lì oltre che mazziati ci corneano pure. facciamo i conti con la violenza del capitale minuto dopo minuto. come commesse di supermercato pagate già nominalmente una miseria, e pure poi costrette a firmare una busta paga falsa. come donne ed uomini portatrici di una capacità intellettuale impressionante, e perciò costretti a fare la fame. come giovani che non possono pensare ad un futuro che gli è stato cancellato, ed invece di trastullarsi un pargolo tra le braccia devono arrabattarsi tra uno stipendio ridicolo e la pensione della nonna, finché campa.

questa è la violenza con cui ogni giorno tocca fare i conti. nessuno, ripeto: nessuno, ha aperto bocca quando il sindaco ha chiamato il reparto celere da napoli, per consentire ai signorotti locali di deliberare senza problemi sul regalo dei beni pubblici a probabili speculatori privati. non i politici, non gli intellettuali, né tanto meno i sindacati. armarsi rimane oggettivamente l’unica. solo per amore di chiarezza, concluderò specificando che la mia arma è la nonviolenza, generalmente mal intesa come non conflittuale. sciopero, riappropriazione dei beni comuni, resistenza passiva. in qualche maniera, tutti noi dovremo riprendere nelle nostre mani il nostro destino.

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(N.B. = Le “maiuscole” sono scappate via per espressa volontà dell’autore…)

(Tratto da Sanniopress.it)

venerdì 29 agosto 2014

Rimesse ed emigrazione, ciò che la politica fa finta di non vedere

Nel libro "Modernizzazione e arretratezza in una comunità del Sannio", scritto la bellezza di quasi vent'anni fa, alla fine del capitolo sull'emigrazione mi chiedevo che fine avrebbe fatto il nostro comune una volta che sarebbero terminate le rimesse degli emigranti.

Ascoltate cosa dice il presidente della Svimez Adriano Giannola nella sua relazione al convegno internazionale “La nuova emigrazione italiana” che si è svolto oggi all’Università Ca’ Foscari di Venezia.

“In base ai dati SVIMEZ, il 64% dei cittadini meridionali, oltre due su tre, che nel 2011 hanno lasciato il Mezzogiorno per una regione del Centro-Nord aveva un titolo di studio medio-alto, diploma o laurea. Il Sud continua quindi a sostenere i costi del suo capitale umano qualificato ma a impoverirsi esportandolo in senso univoco, cioè senza ritorno. E le rimesse di un tempo che i lavoratori meridionali al Nord mandavano a Sud oggi non ci sono più, anzi: pare che viaggino nella direzione opposta. Visto che la crescita prevista per il 2014 non presenta segnali incoraggianti, attendiamo dal nuovo Governo misure decisamente robuste per tamponare questa deriva”.

Non ho nessuna palla di vetro, la previsione era semplicemente frutto di un'analisi socioeconomica, che la politica fa finta di non vedere.

mercoledì 27 agosto 2014

Ricerche petrolifere, Abbate (PD) invita i sindaci sanniti ad unirsi all'azione dei colleghi irpini

Contro i permessi alle ricerche di idrocaburi, anticamera delle trivellazioni petrolifere, occorre un'azione sinergica di Sannio e Irpinia. In merito al progetto "Case Capozzi", la consigliera regionale Giulia Abbate (Pd) invita i sindaci sanniti a proseguire quanto già avviato dai colleghi irpini del Forum Pd "Ambiente & Comunità", inviando al Ministero dell'Ambiente una lettera dove si evidenziano i rischi che tale attività estrattiva comporterebbe per le aree interne della Campania. 

Per agevolare l'azione congiunta, la consigliera Abbate ha inviato il documento preimpostato e una nota ai sindaci di Foiano di Val Fortore, Molinara, Montefalcone di Val Fortore, Castelfranco in Misciano, Ginestra degli Schiavoni, San Giorgio la Molara, Buonalbergo, Pago Veiano, Pesco Sannita, Fragneto l'Abate, Fragneto Monforte, Benevento, Pietrelcina, Paduli, Sant'Arcangelo Trimonte, Apice, San Nicola Manfredi e San Giorgio del Sannio. Allo stesso tempo la presidente della Commissione Trasparenza ha inviato una lettera al ministro Galletti, a sostegno delle comunità locali.

"La costruzione di un'azione trasversale ed inclusiva - scrive Abbate ai primi cittadini - in grado di mettere insieme tutti i Sindaci coinvolti, sia sul versante sannita sia su quello irpino, risulta imprescindibile se si intende scongiurare il pericolo del progetto "case Capozzi", reso pesantemente concreto con il rilascio dell'autorizzazione della Regione Campania nell'ormai noto blitz di ferragosto.

A tal fine e con lo specifico intento di incoraggiare e favorire un'azione coordinata e condivisa, allego una bozza di lettera al Ministero dell'Ambiente che auspico Tu possa inoltrare, laddove ne condividessi obiettivi e contenuti, con ogni celerità. La medesima bozza è tra le mani dei Sindaci irpini, alcuni dei quali hanno già affrettato le procedure di spedizione.

La lettera reca una richiesta al Ministero affinché su "case Capozzi" e non solo si attivi, da parte di soggetti terzi rispetto a quelli regionali, una valutazione dei possibili danni ambientali. Tali possono essere l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) e l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV)".

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