mercoledì 5 giugno 2013

Fondovalle Tammaro, costata 34 miliardi di lire e mai completata


Nel Fortore, dove il problema della mobilità è uno dei più sentiti dalla popolazione, si parla di infrastrutture e trasporti. L'occasione è stata un incontro a San Giorgio la Molara con l'assessore regionale Sergio Vetrella, oggi giunto nel paese dell'entroterra campano per parlare dei cambiamenti dei servizi di mobilità. Presenti all'incontro il sindaco del paese e i primi cittadini di Molinara, Ginestra, San Bartolomeo in Galdo e il consigliere di Montefalcone di Valfortore.
(Per continuare a leggere clicca qui sotto)

Fondovalle Tammaro, la storia infinita di una strada “incagliata”. Vetrella: “Tante le anomalie amministrative, ma c'è ancora una speranza" | Fortore | news | NTR24 - l'informazione sul web

martedì 4 giugno 2013

Alla ricerca del trasporto pubblico locale


Una riunione per pochi intimi ma comunque utile per fare il punto della situazione del precario Trasporto Pubblico Locale nel Sannio, in vista prossima riprogrammazione di tutti i servizi del trasporto della Campania che, dal mese di settembre, vedrà il completamento di tutte le procedure per avviare le gare di affidamento dei servizi di trasporto pubblico. Per tale motivo, allo scopo di riuscire ad apportare per tempo dei correttivi al Piano sul Trasporto, presentato a suo tempo dalla Provincia, presso la Rocca dei Rettori sono stati invitati tutti i sindaci della provincia di Benevento, allo scopo di poter dare, ognuno per la parte di propria competenza, un fattivo contributo alla realizzazione di un documento da presentare alla regione Campania. 

L'incontro è stato organizzato dall'Associazione Pendolari Sannio-Terra di Lavoro e dal Comitato TPL Fortore. Pochi però i sindaci che hanno raccolto l'appello: presenti solo i primi cittadini di Baselice, di San Marco dei Cavoti e di Apollosa poi presenti i vice sindaci di Morcone, di Campolattaro e di Pietrelcina, gli assessori Genito e Iuliani rispettivamente dei Comuni di S.Angelo a Cupolo e di Guardia Sanframondi, degli ex-consiglieri provinciali Rubano e Cecere. (per continuare a leggere clicca qui sotto)

Trasporti nel Sannio: Le associazioni Pendolari chiedono a Cimitile un tavolo permanente sul Tpl - ilQuaderno.it

domenica 2 giugno 2013

Ospedale S.Bartolomeo in Galdo tra le quaranta opere incompiute d'Italia


Venti milioni di euro, 55 anni per costruirlo ed ora, Psaut a parte (inaugurato lo scorso febbraio) è semivuoto. L'ospedale di San Bartolomeo in Galdo torna alla ribalta delle cronache nazionali conquistando un poco invidiabile primato: stiamo parlando infatti dell'opera incompiuta più longeva della Campania. Un edificio fantasma, che rientra nell'inchiesta pubblicata stamane da Repubblica.it nello speciale "R'E Inchieste"di Antonio Fraschilla e Fabio Tonacci: "A San Bartolomeo in Galdo (Benevento) - si legge nello speciale - c'è un relitto d'ospedale (cinque piani vuoti) la cui prima pietra fu messa nel lontano 1958. Venti milioni di euro dopo, non è mai stato aperto, nonostante si continuassero ad assumere primari e chirurghi. Adesso c'è un mini presidio di pronto soccorso e qualche ambulatorio (il riferimento è al Psaut)".

Quaranta casi clamorosi, per due miliardi di euro, anche se ce ne sono molti di più di quelli messi in luce dall'inchiesta. Il record in Sicilia con i suoi undici casi di incompiute(l'aereporto di Comiso 36 milioni di euro oppure un complesso sportivo-ricettivo a Giarre da 50milioni di euro), poi il Piemonte con sette opere nel dimenticatoio, vale a dire gli impianti olimpici di Torino, e via discorrendo. In Campania ne spicca uno: l'ospedale di S.Bartolomeo in Galdo.

La stampa locale ha ripetutamente trattato l'argomento e le cronache nazionali si sono interessate più di una volta di questo scandalo. A subire però, come sempre accade in questi casi, è stata la popolazione e non solo quella sanbartolomeana ma l'intero comprensorio fortorino: il resto è storia recente, con la contestata apertura del Psaut che ha diviso la popolazione: l'apertura dell'ospedale è lontana anni luce, il debutto del Psaut non può essere considerato di certo una soluzione tampone. Niente di nuovo insomma, solo l'ennesima copertina poco edificante.

www.ilquaderno.it

mercoledì 29 maggio 2013

Campagna No Fracking Difendiamo acqua, aria e terra


Il Fracking – meglio conosciuto come fratturazione idraulica – è una delle tecnica di perforazione utilizzata dalle compagnie petrolifere per stimolare i giacimenti di idrocarburi, che – sfruttando l’iniezione di liquidi ad alta pressione – provoca delle fratture negli strati rocciosi più profondi del terreno. Un processo invasivo che favorisce l’estrazione di petrolio dagli scisti bituminosi o di tight gas (gas di sabbie compatte/gas in depositi clastici a bassa permeabilità), coal bed methane (metano dagli strati di carbone) e, principalmente, shale gas (gas di scisto/gas da argille). Sia il tight gas che lo shale gas sono giacimenti di gas non convenzionale costituiti da rocce calcaree, arenarie, quarzo e argilla: quando l’argilla è prevalente si chiama shale, altrimenti è definito tight.

Negli ultimi anni – nonostante le rassicurazioni delle compagnie petrolifere – la produzione di shale gas, soprattutto negli Stati Uniti (principale produttore mondiale), ha aperto un dibattito circa gli effetti del fracking sull’acqua, sull’aria e sulla terra, per l’uomo, per gli animali, per la flora: in una parola per il nostro ambiente, includendo anche il rischio sismico e la contaminazione delle falde causata da una miscela chimica. L’acqua utilizzata per fratturare (quasi 29 mila metri cubi all’anno per ogni singolo pozzo) viene, infatti, addizionata a diverse sostanze pericolose. Si parla di oltre 260 agenti chimici cancerogeni o altamente tossici, tra i quali naftalene, benzene, toluene, xylene, etilbenzene, piombo, diesel, formadeldeide, acido solforico, tiourea, cloruro di benzile, acido nitrilotriacetico, acrilamide, ossido di propilene, ossido di etilene, acetaldeide, di-2-etilesile, ftalati. Senza dimenticare sostanze radioattive come cromo, cobalto, iodio, zirconio, potassio, lanthanio, rubidio, scandio, iridio, krypton, zinco, xenon e manganese. Fino all’80% di questi fluidi iniettati per la fratturazione idraulica ritorna in superficie come acqua di riflusso. Il resto rimane nel sottosuolo.

Da qualche anno il pericolo fracking si è affacciato anche in Europa, in primis Norvegia e Polonia, ai cui giacimenti estraibili – stimati in quasi 400 miliardi di metri cubi – sarebbero interessati Eni e Sorgenia. Oggi, mentre la Francia, la Bulgaria, la Romania, la Repubblica Ceca, l’Austria, la Germania, la Svezia, i Paesi Bassi ed il Regno Unito hanno sospeso lo sfruttamento dei propri giacimenti per motivi ambientali o hanno intensificato il dibattito interno, l’Unione Europea pensa di varare una direttiva che regolamenti il fracking. E in Italia? È un argomento quasi tabù. Manca un dibattito politico, anche se il neo premier Enrico Letta considera lo shale gas il futuro energetico del nostro Paese. Sulla falsa riga delle principali compagnie.

Per questo motivo promuoviamo una campagna nazionale di informazione, conoscenza e proposta, in grado di avviare un percorso critico, che conduca con il contributo ed il coinvolgimento dei territori, dei cittadini, delle associazioni, comitati, movimenti politici, degli attivisti, degli esperti, personalità:

1) Ad una bozza di legge nazionale contro il fracking;
2) Alla richiesta di trasparenza e pubblicazione dei piani ingegneristici delle compagnie petrolifere, oggi secretati;
3) Alla definizione, con legge, delle aree marine e terrestri da tutelare.

Per dire di no al fracking e per difendere l'acqua, l'aria, la terra e la salute, sostenete la Nostra campagna "No Italia Fracking".

Clicca qui Per ADERIRE alla Rete Nazionale "No Fracking Italia"

domenica 26 maggio 2013

I giovani precari di oggi saranno i vecchi poveri di domani

(economiaepolitica.it) Si dice spesso, di questi tempi, che è molto alta la probabilità che chi è giovane e precario oggi sarà un vecchio povero domani.[1] Questa affermazione necessita ad ogni buon conto di un riscontro. In linea generale si arriva a questa conclusione attraverso un ragionamento molto semplice, a dir poco banale: per avere una pensione bisogna lavorare un certo numero di anni e versare una certa quantità di contributi previdenziali. C’è quindi un legame strettissimo tra la qualità della vita lavorativa e ciò che si andrà a prendere di pensione, se una pensione si prenderà.

L’attuale condizione lavorativa dei giovani, segnata dal ritardo con cui si entra nel mondo del lavoro e dalla sua discontinuità, dà la garanzia di una pensione sicura e dignitosa? Per rispondere a questa domanda è necessario innanzitutto comprendere quali sono le regole in materia di previdenza oggi vigenti in Italia[2].

Com’è noto, l’ultimo intervento sul nostro regime pensionistico è stato fatto dal governo dei tecnici, presieduto dal professor Monti. In estrema sintesi la riforma ha previsto un’accelerazione del passaggio dal sistema di calcolo retributivo a quello contributivo. Se prima l’importo della pensione veniva calcolato in percentuale alle ultime buste paga percepite dal lavoratore, d’ora in avanti esso sarà calcolato soltanto sulla base dei contributi effettivamente versati. Scomparirà inoltre la pensione di anzianità, quella che si maturava combinando un certo numero di anni contributivi con l’età anagrafica. Adesso, per andare in pensione, a valere saranno solo gli anni di contribuzione: 41 anni e un mese di contributi per le donne e 42 anni e un mese per gli uomini.

Per la pensione di vecchiaia saranno richiesti 66 anni per i maschi e 62 anni per le donne, a condizione che si siano maturati almeno vent’anni di contributi. Altrimenti l’asticella salirà a settant’anni. Fermiamoci qui. Un sistema così congegnato non c’è dubbio che andrà a penalizzare fortemente, irrimediabilmente, le nuove generazioni. Non è necessario essere dei tecnici per capire che chi ha vissuto tutta la propria vita lavorativa passando da stati di non-occupazione ad impieghi temporanei con contratti flessibili non potrà mai e poi mai contare su una continuità contributiva, ma soprattutto su un certo numero di contributi, che gli consentano di raggiungere i livelli minimi richiesti per avere una pensione. È una questione di numeri, non di politica, né culturale o ideologica.

Un giovane nato intorno alla metà degli anni ottanta, tanto per fare un esempio, che ha fatto regolarmente gli studi fino all’università, senza perdere un solo anno, trovando un impiego il giorno dopo aver conseguito la laurea e lavorando ininterrottamente per 42 anni con uno stipendio di media entità, dopo i sessant’anni con questa riforma potrebbe ricevere una pensione più o meno dignitosa. Ma quanti sono in Italia i giovani con diploma o con laurea che immediatamente dopo il conseguimento del titolo di studio iniziano a lavorare con contratti a tempo indeterminato, per mansioni corrispondenti alla propria specializzazione? E’ noto a tutti: non più del 10%.

Cosa si deve dedurre, quindi, da questo stato di cose? Che l’esecutivo Monti, proseguendo su un sentiero già battuto dai precedenti governi, ha fatto una riforma del sistema pensionistico per il 10% dei giovani italiani, punendo il restante 90%. Ma non è finita qui. Questa riforma ha aggiunto al danno la beffa. I precari sono sì precari, ma i contributi, sebbene a spezzatino, li versano anche loro. Sia che abbiano contratti di lavoro a tempo determinato, sia che abbiano contratti di collaborazione a progetto con partita Iva.

Negli ultimi anni sono aumentate abbondantemente le partite Iva nel nostro paese, ma non solo e non tanto perché sono nate nuove aziende o sono cresciuti vistosamente gli studi professionali: dietro la maggior parte di queste partite Iva ci sono lavoratori subordinati mascherati. Sono state tante le aziende italiane in questi anni, ma la pubblica amministrazione non è stata da meno, che hanno preso il proprio personale con contratti di collaborazione a progetto o trasformato un precedente rapporto di lavoro subordinato in una prestazione d’opera dietro fatturazione, per non avere vincoli contrattuali con i lavoratori, per non pagare contributi, per abbassare notevolmente il costo del personale. Solo nel 2012 sono state circa 549.000 le nuove aperture di partita Iva (+2,2% rispetto al 2011) e più della metà di queste sono riferite a giovani di età inferiore ai 35 anni[3].

In tutti questi contratti di collaborazione c’è scritto sempre, a chiare lettere, una frase di questo tipo: “Le suddette attività hanno carattere professionale autonomo e non potranno mai essere configurate come rapporti di lavoro subordinato o di collaborazione”. Si può immaginare il sollievo per un datore di lavoro, ma anche la frustrazione di un giovane, spesso laureato, che deve vestire l’abito del libero professionista svolgendo di fatto un lavoro da subordinato.

A differenza di un lavoratore dipendente tradizionale, un collaboratore a progetto è tenuto a versare esso stesso i propri contributi, in rapporto al fatturato. E dove vanno questi contributi? C’è un fondo dell’Inps, il Fondo Gestione Separata, in cui confluiscono i contributi di tutti i titolari di partite Iva non iscritti a particolari albi professionali. Si tratta di un salvadanaio che raccoglie di tutto, un pozzo profondo in cui finiscono ogni anno circa 8 miliardi di Euro.

Dovrebbe essere il salvadanaio in cui i precari, tanti lavoratori atipici e parasubordinati, ripongono i loro soldini per garantirsi una pensione domani. Ma, purtroppo per loro, non è così. Perché quei soldi serviranno certamente a tenere in ordine i conti della previdenza italiana ed a pagare l’assegno ai pensionati di oggi, ma non serviranno a pagare la pensione a chi ce li ha messi, sacrificando mediamente il 20% del proprio reddito.

Destino amaro e beffardo quello della generazione dei precari, vittime e cariatidi di un sistema che non sa valorizzare i suoi figli migliori.


Dagli 8 miliardi di euro l’anno attuali, secondo le stime dell’Istituto di previdenza (INPS), il fondo si attesterà intorno ai 17-18 miliardi negli anni ’30, andando a compensare parzialmente il deficit delle altre gestioni.

E che il sistema non sappia, non voglia, prendersi cura dei suoi figli è testimoniato anche da un altro aspetto implicito nel regime pensionistico: la discrasia tra volontà di rilancio dell’occupazione e innalzamento a limiti intollerabili dell’età pensionabile. Anche qui la conclusione si presenta in tutta la sua banalità: più alta sarà l’età prevista per andare in pensione, più lento e macchinoso sarà il processo di ricambio nelle postazioni lavorative.

L’attuale situazione italiana richiede un cambiamento radicale dei punti di vista sull’economia e sulla società. Soprattutto è necessario che venga rovesciata la logica che ha ispirato nell’ultimo ventennio i governi in tema di lavoro, di previdenza, di opportunità da offrire ai giovani. Questa società è la metafora dell’antropofagia ugoliniana, mangia i propri figli negandosi così una prospettiva di futuro.

[1] Quest’articolo sviluppa un tema già affrontato nel mio libro Crack Italia, la politica al tempo della crisi, pagine 204, anno 2012, edito da Laruffa.
[2] Decreto legge n.201 del 2011 (decreto Salva Italia ), successivamente convertito nella Legge n.214/2011.
[3] Fonte: Ministero dell’Economia/Dipartimento delle Finanze.

mercoledì 22 maggio 2013

Trasporti nel Fortore, Canonico si unisce al comitato

di Biagina Cece

Una nuova iniziativa sul fronte trasporti, una situazione che continua a creare disagi per i comuni della Val Fortore. Il sindaco di Baselice, Domenico Canonico, così si è espresso in merito “veniamo da una situazione difficile, con la linea per Campobasso che è stata abolita. A oggi sappiamo che ci sono dei problemi da risolvere, che bisogna ridefinire dei piani per il trasporto e ci siamo uniti al comitato per i trasporti, TPL Fortore, affinché si possa giungere a una soluzione ottimale per tutti”.

Difatti è di circa un mese fa l’incontro a Benevento con l’assessore regionale a i trasporti, Sergio Vetrella, alla quale il comune di Baselice ha partecipato “eravamo in realtà a rappresentare il Fortore, solo io e il sindaco di San Bartolomeo in Galdo, Vincenzo Sangregorio, i paesi dunque che di più hanno problemi in questo senso. Siamo sempre stati un po’ il passaggio dei pullman, un po’ il deposito, ma non abbiamo mai avuto una corsa adeguata alle nostre esigenze. Oggi io vedo un’opportunità, perché possiamo fare un piano da presentare poi all’assessore Vetrella, il quale si è mostrato nell’ultimo incontro, davvero disponibile. In questi giorni invieremo la nostra proposta di trasporti”.

Il comitato a cui il sindaco Canonico si riferisce, si è costituito in seguito “a problematiche relative a taglie rimodulazioni di corse effettuate dall’azienda Etac nelle zone da essa servita. – si legge dalla lettera che il comitato ha indirizzato a Vetrella – Pur consapevoli dei tagli ragguardevoli che tutto il comparto trasporti ha subito negli ultimi anni e di conseguenza della necessità di una sua razionalizzazione del servizio nel suo complesso, si ritiene che ciò non possa avvenire in maniera efficiente ed efficace, lasciando che sia la sola azienda che gestisce il servizio a stabilire i modi ed i tempi senza tener conto in alcun modo di quelle che sono le esigenze di chi è fruitore diretto del servizio”.

E continua: “in vista dunque della riprogrammazione di tutto il servizio di trasporto pubblico regionale, facciamo nostro il suo invito a partecipare al processo attraverso suggerimenti e segnalazioni che potrebbero essere utili a chi deve concretamente adottare la ridefinizione del servizio nel suo complesso”. E Canonico aggiunge: “fino ad oggi abbiamo subito le volontà di un’azienda che ha pensato a tutto, tranne che alle esigenze dei cittadini, i beneficiari del servizio. Il nostro intento invece, è proprio quello di dare alla cittadinanza il servizio che di più si adatti alle proprie necessità. Stiamo in questi giorni dunque, preparando la nostra proposta, le nostre indicazioni, mettendo in evidenza anche la morfologia del nostro territorio e che oltre ai pullman c’è solo l’auto privata in queste zone, e di questi tempi, spostarsi con la propria autovettura, non è sempre facile. Mi auguro di raggiungere finalmente il nostro scopo”.

benevento.ottopagine.net

lunedì 20 maggio 2013

Il Pd presenta una legge anti 5 stelle. "Movimenti non ammessi alle elezioni"


Il testo di Finocchiaro e Zanda prevede la piena attuazione dell'articolo 49 della Costituzione e quindi che i partiti abbiano personalità giuridica e statuto. La senatrice: "Nessuna avversione per i Cinque Stelle". Arriva anche una proposta per cancellare il Porcellum e ripristinare il Mattarellum (per continuare a leggere clicca qui sotto)

Elezioni, Pd: “Stop ai movimenti”. M5S: “Pensino all’ineleggibilità di Berlusconi” - Il Fatto Quotidiano

giovedì 16 maggio 2013

VITELIÙ, ROMANZO STORICO SUI SANNITI



Si presenterà, sabato, 18 maggio 2013, alle ore 19.00, presso la libreria Masone di Benevento, “Viteliù, il nome della libertà”, romanzo storico sui Sanniti scritto da Nicola Mastronardi per le edizioni Itaca. L’incontro con l’autore, coordinato da Emilio Fabozzi, direttore della testata giornalistica bMagazine, sarà accompagnato dall’interpretazione di alcuni brani del romanzo da parte della Filodrammatica Santacrocese di Santa Croce del Sannio con la regia di Angela Maria Zeoli. Nicola Mastronardi, direttore della biblioteca storica di Agnone, dove è nato, è giornalista pubblicista, collaboratore di Linea Verde-Orizzonti.

Il romanzo è ambientato nel 74 a.C., diciassette anni dopo la vittoria di Roma sui popoli italici che ha infranto definitivamente il sogno di indipendenza che aveva portato Sanniti, Marsi, Piceni, Peligni e Lucani a riunirsi politicamente sotto il nome di Viteliù. Un incubo del passato spinge un vecchio cieco, l’embratur sannita Papio Mutilo, prigioniero a Roma per ordine di Silla, a ritornare sui monti del Sannio accompagnato dal nipote Marzio.

martedì 14 maggio 2013

San Bartolomeo, in arrivo maxiparco eolico


La società Irpinia Vento con sede in Roma , alla via Del Corso 75\10, ha presentato a questa Regione istanza, tendente ad ottenere, ai sensi del D.Lgs. 387/2003 – art. 12, l’approvazione del progetto definitivo per l’installazione e l’esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica da fonte eolica, da realizzarsi nel comune di San Bartolomeo in Galdo, in località “ P.ggio della Faiola e Monte Taglianaso”,con opere connesse nel comune di Foiano di Val Fortore.

Per quanto sopra, si comunica ai soggetti proprietari degli immobili interessati dalla costruzione dell’impianto de quo, catastalmente identificati nell’elenco di cui appresso, che:
- questo Ente ha attivato la procedura per l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio sugli immobili occorrenti alla realizzazione del progetto di cui innanzi;

- il presente avviso costituisce, ai sensi degli artt. 7 e 8 della legge n. 241/1990 e degli artt. 11 e 16 del D.P.R. 327/2001 come modificato, comunicazione di avvio del procedimento che porterà all’ espropriazione o all’asservimento e sostituisce, a tutti gli effetti, la comunicazione personale agli interessati poiché, nella fattispecie, è superiore a 50 il numero dei destinatari;

- gli atti ed i documenti relativi al progetto definitivo dell’iniziativa sono depositati presso lo scrivente ufficio – A.G.C. 12 “Sviluppo Economico” – Settore Regolazione dei Mercati – Centro Direzionale, isola A/6 – e potranno essere visionati, (previo appuntamento telefonico – 081/7966902, 081/7966922) nei giorni e negli orari di apertura al pubblico (il martedì dalle ore 10,00 alle ore 13,00), entro 30 giorni dalla pubblicazione del presente avviso; entro lo stesso termine gli interessati potranno formulare osservazioni od opposizioni che verranno opportunamente valutate da questa Autorità espropriante ai fini delle definitive determinazioni.
Copia del progetto è depositato altresì presso i comune di San Bartolomeo in Galdo, dove potrà essere visionato dal
06 maggio 2013.

lunedì 13 maggio 2013

Trivellazioni: Una passeggiata nel cuore del Sannio per informare la popolazione


Quindici chilometri a piedi (qualcuno anche in bici) tra strade, sentieri e colline del Fortore e del Tammaro. Una domenica insolita per gli attivisti del comitato "No Triv" che si sono riuniti di buon mattino in piazza Municipio a Pago Veiano per poi continuare tra S.Barbara ed i territori di Molinara e S.Marco dei Cavoti. Una "sudata" con il chiaro intento di informare la popolazione del rischio trivellazioni che, proprio quella zona, rischia seriamente di correre. (per continuare a leggere clicca qui sotto)

Trivellazioni: Una passeggiata nel cuore del Sannio per informare la popolazione - ilQuaderno.it