giovedì 24 luglio 2008

Aspetti botanici e paesaggistici del territorio sannita

«L'ambiente è, per noi, un fattore strategico di sviluppo socio-economico, un vero e proprio motore per l'economia del Sannio. Infatti, abbiamo formalmente rappresentato alla Regione Campania il nostro interesse a promuovere e valorizzare l'ambiente quale patrimonio collettivo del Sannio, sul quale intendiamo investire e sul quale ci attendiamo investimenti da parte della stessa Regione».
Con queste parole il presidente della Provincia di Benevento Aniello Cimitile ha presentato alla Stampa presso la Sala Consiliare della Rocca dei Rettori il progetto "Aspetti botanici e paesaggistici del territorio sannita". L'opera, che la Provincia di Benevento, Assessorato agri-foreste, ha realizzato in partenariato con Legambiente Valle Telesina e con la cooperazione scientifica dell'Università degli studi del Sannio - Facoltà di Scienze, dopo circa due anni di lavoro, essendo stata impostata dalla Amministrazione Nardone nel 2006, è essenzialmente uno strumento per l'approfondimento e la divulgazione della ricchezza degli aspetti botanici e paesaggistici del Sannio. Per avere un'idea del valore del patrimonio naturale sannita, si dirà che su 78 comuni, ben 52 rientrano nella classificazione dettata dall'Unione Europea delle aree di grande pregio naturalistico; di quei 52, ben 12, primi fra tutti Cusano Mutri e Pietraroja, vedono ricompreso il proprio territorio per intero nella classificazione di massimo pregio ambientale.

mercoledì 23 luglio 2008

Discarica S. Arcangelo: i cittadini preoccupati scrivono all’assessore Aceto

Il Codisam (Comitato difesa salute e ambiente) di Sant’Arcangelo Trimonte, presieduto da Nicola Colangelo, ha indirizzato una lettera aperta all’assessore all’Ambiente della Provincia di Benevento, Gianluca Aceto, per esternare le perplessità dei cittadini in merito all’attivazione della nuova discarica regionale in località Nocecchie. Il rappresentante istituzionale della Rocca dei Rettori è stato invitato a fare luce su alcuni aspetti che riguardano la gestione dell’impianto soprattutto circa il rispetto delle normative sulla sicurezza in materia ambientale.

Le operazioni all’attenzione del Comitato riguardano, in particolare, la dispersione, nei territori limitrofi allo sversatoio, di buste e imballaggi di plastica, sporchi di percolato; le manovre dei camion che lasciano alzare in aria visibili nuvole di polvere; la cifra di 55mila tonnellate di rifiuti sversate in un solo mese; i mezzi che arrivano senza adeguata copertura del carico o con perdita di percolato.

“Ci appelliamo alla sua funzione di vigilanza sulla tutela ambientale, per promuovere accertamenti finalizzati a evidenziare la presenza di atti di negligenze e a garantire la regolarità della situazione”, si legge nella parte finale della missiva indirizzata ad Aceto.

L’iniziativa del Comitato giunge all’indomani del via libera ai conferimenti nella seconda vasca di Sant’Arcangelo. Il nulla osta è giunto al termine del collaudo condotto dai tecnici della Daneco e dai Vigili del Fuoco. La vasca collaudata ha una capacità di 73mila tonnellate e dovrebbe garantire un’autonomia di circa due mesi. Il primo invaso, invece, è stato riempito in meno di 30 giorni a causa delle dimensioni più ridotte.

(da Il Quaderno.it)

Sit-in di protesta degli insegnanti precari


SIT-IN di protesta degli insegnanti precari: mercoledì 23 luglio in piazza Montecitorio
I docenti precari manifestano contro i tagli di risorse, tempo scuola, personale, classi, docenti di sostegno, aule e per chiedere garanzie sulla qualità dell’offerta formativa della Scuola Pubblica Statale.
I docenti precari lottano per:- la difesa della Scuola Pubblica Statale, per una scuola di tutti e per tutti;
- le immissioni in ruolo dei docenti su tutti i posti disponibili;
- il mantenimento delle graduatorie ad esaurimento e il loro completo svuotamento, da compiersi mediante l’assunzione di tutti i docenti precari: solo così si cancellerà dalla scuola italiana la precarietà lavorativa e, di conseguenza, quella didattica che da sempre penalizza le aree geografiche e sociali più svantaggiate del Paese;
- il riconoscimento ai docenti precari degli stessi diritti economici e di carriera dei docenti di ruolo e dei docenti di religione cattolica.

I docenti precari dicono:
- no al D.L 112 in discussione in Parlamento;
- no ai massicci tagli agli organici previsti dal governo (tagli di circa 100mila docenti), per una manovra di circa 8 miliardi di euro, corrispondenti a ben un terzo dell'intera manovra economica dello Stato: l’effetto di questi tagli ricade nell'immediato sul personale precario, ma ha devastanti effetti sulla scuola nel suo complesso;
- no alla chiamata diretta dei docenti da parte dei Dirigenti Scolastici, che non garantisce il merito, ma favorisce clientelismo e nepotismo, ostacolando, di fatto, la libertà di insegnamento;
- no al ddl Aprea n. 953 e a qualsiasi disegno di legge o normativa che leda i diritti acquisiti da centinaia di migliaia di docenti precari, minando alla base il sistema dell'istruzione pubblica, basato sulla libertà di insegnamento;
- no all'aumento degli alunni per classe: qualità e meritocrazia non si ottengono ‘stipando’ tanti alunni per classe quanti ne bastano per tagliare le cattedre;
- no ai tagli sul sostegno, che compromettono l'integrazione scolastica dei diversamente abili;
- no ai finanziamenti alle scuole private;
- no ad ogni tentativo di privatizzazione della scuola pubblica statale e alla trasformazione delle scuole in fondazioni a capitale privato.

Rete Docenti Precari 11 luglio 2008

lunedì 21 luglio 2008

Lega nord, ultimi della classe

Dalle dichiarazioni di Bossi sui professori meridionali, che toglierebbero il posto a quelli del Nord, si capisce qual è il vero volto della Lega nord: un partito xenofobo e razzista. Se la prende con i nostri insegnati, ma il senatùr tace sullo sversamento illegale dei rifiuti tossici in Campanie e nel Sud. Hanno avvelenato le nostre terre, e nemmeno Fini e Berlusconi dicono una parola.

E nulla dicono dello sterminio di migliaia di meridionali che non volevano i piemontesi in casa e si diedero alla macchia (e per questo furono con disprezzo chiamati “briganti”). Nulla dicono dei tanti meridionali morti sul Carso per completare l’unificazione nazionale. Nulla dicono dei tanti lavoratori sradicati dalle loro terre per diventare “esercito di riserva” nel nord produttivo. E dei tanti “cervelli” meridionali (formati con i soldi delle proprie famiglie) che ancora oggi permettono l’innovazione delle aziende del nord.
C’è una sola parola per indicare lo stato d’animo dei prof meridionali: vergogna.

sabato 19 luglio 2008

Prima emigranti, ora pendolari di lungo raggio


Il Mezzogiorno come “periferia d'Europa”. Così il rapporto Svimez 2008 definisce il sud Italia che non tiene al brusco peggioramento del quadro internazionale e continua a perdere terreno anche rispetto al resto del paese. Mettendo a segno per il sesto anno consecutivo una crescita più bassa rispetto al centro-nord: il Pil si ferma infatti allo 0,7 per cento contro l'1,7 delle regioni settentrionali. E non basta. Secondo l'associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno rallentano anche gli investimenti (nel 2007 un timido +0,5 per cento a fronte del + 2,4 per cento dell'anno precedente, segno del peggioramento del clima di fiducia delle imprese) e i consumi sono stagnanti, con la spesa delle famiglie meridionali che si attesta a +0,8 per cento, circa la metà della spesa media italiana (+1,5 per cento). Ma sono le condizioni economiche a preoccupare di più. Nel meridione oltre la metà delle famiglie monoreddito (51 per cento) è a rischio povertà, rispetto al 28 per cento nel centro-nord. Neppure raggiungere un buon livello di istruzione, spiega il rapporto Svimez 2008, tutela dall'esposizione al rischio povertà: si trova in questa situazione il 9,4 per cento dei laureati residenti al sud. Secondo i dati dello Svimez, nel 2005 ben il 18 per cento delle famiglie ha percepito meno di mille euro al mese (contro il 7 per cento del centro-nord), e un ulteriore 20 per cento circa ha guadagnato una somma tra i mille e i 1.500 euro mensili. Va male soprattutto in Sicilia, dove addirittura più di una famiglia su cinque ha guadagnato meno di mille euro al mese nel 2005.

Una situazione pesante dunque, aggravata dal fatto che al sud quasi 14 famiglie su 100 hanno più di tre persone a carico (rispetto al 4,1 per cento nel centro e nord Italia), con punte del 18 per cento in Campania. Ma le criticità riguardano anche aspetti di vita quotidiana. Ci sono famiglie, sottolinea infatti il rapporto 2008, che non possono permettersi un pasto adeguato almeno tre volte a settimana (10 per cento sul totale meridionale), nè riscaldare adeguatamente l'abitazione (20 per cento) o comprare vestiti necessari (28 per cento), o ancora acquistare medicinali (un altro 20 per cento).
Vasca e doccia in casa, rileva infine lo Svimez, mancano ancora al 2 per cento delle famiglie pugliesi, all'1,5 per cento di quelle calabresi e all'1,4 per cento delle siciliane.

Non va meglio sul versante del lavoro. Nel 2007 il Mezzogiorno ha registrato un'occupazione a crescita zero, a fronte di un aumento dell'1,4 per cento al centro-nord (+234 mila addetti in valori assoluti). Allo stesso tempo il tasso di disoccupazione reale al Sud va oltre il 28 per cento.
Come negli anni scorsi, evidenzia il rapporto Svimez, continua a registrarsi un calo dei disoccupati: -66 mila al centro nord e -101 mila al sud, con una flessione rispetto all'anno precedente rispettivamente dell'8,6 per cento e dell'11,2 per cento. Ma non tutti i disoccupati hanno trovato un nuovo lavoro, una quota consistente ha smesso di cercarlo. Lo scorso anno al sud gli inoccupati sono aumentati infatti di 147 mila unità (+248 mila disoccupati impliciti, -109 mila disoccupati espliciti).
Aggiungendo ai disoccupati ufficiali quelli impliciti, il tasso di disoccupazione reale al sud nel 2007 dall'11 per cento attuale sarebbe quindi oltre il doppio (28 per cento), a fronte del 6,9 per cento delle regioni settentrionali. Ma il vero punto dolente per il meridione resta il sommerso, che riguarda circa un lavoratore su cinque (ovvero il 19,2 per cento), a fronte del 9,1 per cento del resto d'Italia.

Legato a doppio filo alla disoccupazione c'è il fenomeno dell'emigrazione verso le regioni settentrionali. Secondo il rapporto Svimez, negli ultimi dieci anni (dal 1997 al 2007) oltre 600 mila persone hanno abbandonato il Mezzogiorno per trasferire la propria residenza al centro-nord. Nello scorso anno si sono contati 120 mila trasferimenti di residenza, ai quali si aggiungono 150 mila pendolari di lungo raggio, che si spostano temporaneamente al centro-nord per lavorare.

Questi flussi di mobilità unidirezionale sud-nord, evidenzia l'associazione, sono un caso unico in Europa e testimoniano la distanza economica tra le due aree d'Italia.
I nuovi emigranti sono in larga parte “pendolari”: soprattutto uomini, giovani (l'80 per cento ha meno di 45 anni), single o figli che vivono in famiglia, con un titolo di studio medio-alto e che svolgono mansioni di livello elevato nel 50 per cento dei casi, a conferma dell'incapacità del sistema produttivo meridionale di assorbire mano d'opera qualificata. Alti costi delle abitazioni e contratti a termine spingono poi a trasferire definitivamente la residenza. Lombardia, Emilia Romagna e Lazio restano le tre regioni prescelte dai nuovi emigranti.
Le regioni invece più soggette al pendolarismo di lunga distanza verso il nord sono Campania (50 mila unità), Sicilia (28 mila) e Puglia (21 mila).Ma il Mezzogiorno è anche fortemente penalizzato dalla mancanza di infrastrutture, da quello che lo Svimez chiama “non sistema dei trasporti”.

(tratto da "Velino" del 18 luglio)

venerdì 18 luglio 2008

Sud arretra: giù Pil, consumi e investimenti

Arretra l'economia del Mezzogiorno, che perde terreno anche nei confronti del resto del Paese. Lo rileva il rapporto Svimez 2008. Il Sud per il sesto anno consecutivo segna una crescita più bassa rispetto al centro-nord (0,7% contro l'1,7%). Gli investimenti rallentano e i consumi sono stagnanti, con la spesa delle famiglie a +0,8%, contro l'1,5% degli altri italiani. Inoltre il 51% delle famiglie monoreddito sono a rischio povertà, e nel 2007 l'occupazione è stata a crescita zero.
(Fonte: Ansa)

Nucleare in Francia, nuova fuga radioattiva


Fuoriuscite di acque contaminate da elementi radioattivi, "senza impatto sull'ambiente", sono state registrate in un impianto della Areva a Romans-sur-Isere, nel dipartimento della Drome, nel sud-est della Francia. Lo ha reso noto stamane l'Autorithy francese per la sicurezza nucleare.

Il nuovo incidente, mentre non si placano le polemiche intorno alla centrale nucleare di Tricastin, la seconda più grande di Francia dopo quella di Le Hague, teatro 10 giorni fa di un riversamento accidentale di acque usate contenenti uranio nei fiumi vicini, affluenti del Rodano. Sull'impianto e sulle società che lo gestiscono, Socatri e Areva Nc (entrambe filiali del colosso energetico Areva), da giorni piovono critiche da associazioni ambientaliste e autorità di vigilanza. Innanzitutto per la gestione approssimativa dell'incidente, una piccola perdita che a causa di "una catena di disfunzioni ed errori umani", come la definisce l'Autorità di sicurezza nucleare (Asn), si è trasformata in una contaminazioni ambientale.

Tutto è cominciato, secondo la ricostruzione degli ispettori Asn ripresa dal sito d'informazione Mediapart.fr, alle 19 del 7 luglio, quando un allarme ha segnalato un livello di liquido troppo alto in una cisterna di raccolta delle acque usate per la pulitura degli impianti. Secondo gli indicatori, però, tutte le paratie di accesso alla cisterna erano chiuse, quindi i tecnici hanno concluso che l'allarme fosse difettoso e se ne sono disinteressati, senza notare che una paratia difettosa lasciava in realtà filtrare parte dell'acqua. La cisterna ha così continuato a riempirsi fino alle 23, quando una ronda notturna ha notato che traboccava, versando acqua in un bacino di raccolta sottostante.
(fonte: ansa.it)

giovedì 17 luglio 2008

Isidea: facciamo "Sanniobardia", una nuova regione con Molise, Benevento, Avellino e Salerno

Noi poveri abitanti di quest'ultimo lembo di terra campana (il Fortore) non possiamo che condividere e fare nostra la proposta fatta dal presidente di Isidea.

Il drammatico problema dei rifiuti di Napoli, frutto della scellerata politica partenopea, è stato scaricato sui nostri incolpevoli territori, di grande pregio ambientale, impegnati da anni a tutelare e valorizzare identità e sviluppo sostenibile, in assenza costante di un serio sostegno strategico regionale.
È in atto nel Sannio un rinnovato e più convinto tentativo di distacco da una Campania sempre più infelice.
Al molto atteso ‘Molisannio’, rilanciato con forza dal Consigliere regionale Luca Colasanto, da un Comitato bipartisan e dalla Rete ecosolidale Arcobaleno, si è aggiunta la proposta del Comitato ‘Spazio Aperto’ per una nuova ‘Regione dei Due Principati (Benevento-Avellino-Salerno)’.
La Lega Sud Ausonia, inoltre, vorrebbe istituire una ‘Provincia Autonoma di Benevento’.

Interesse comune di questi orientamenti ‘separatisti’ è quello di liberarsi del Napoli-centrismo per pervenire all’autonomia legislativa e amministrativa.
In ogni caso, bisogna tener conto dell'articolo 132 della Costituzione, per il quale è possibile la creazione di nuove regioni con un minimo di un milione di abitanti, quando ne facciano richiesta tanti consigli comunali che rappresentino almeno un terzo delle popolazioni interessate, e la proposta sia approvata con referendum dalla maggioranza delle popolazioni stesse.

Il Molisannio, territorio del Sannio antico, se un giorno verrà istituito, avrà una superficie di 6.509 kmq e una popolazione di circa seicentomila abitanti.
Come si sottolinea sul portale ‘la nuova regione’, il ritorno ai Due Principati, di longobarda memoria, unificherebbe circa un milione e ottocentomila persone su una superficie di 10.595 Kmq.
Le predette proposte sono tutte suggestive e liberatorie, con giusti ingredienti di affinità storico-culturali e di possibili strategie territoriali condivise, ma corrono il rischio futuro di incamminarsi su binari paralleli e divergenti.
Al fine di convogliare ogni energia verso l’obiettivo comune di una nuova regione, Isidea avanza una proposta di sintesi tra l’ipotesi Molisannio e quella dei Due Principati. Si crei la ‘ Sanniobardia’, di cui facciano parte il Molise, Benevento, Avellino e Salerno.

Non è semplice sommatoria, ma discorso storico e territoriale coerente, che trova un precursore nel grande Arechi II, supremus princeps gentis Langobardorum, il quale, coltivando il mito del Sannio, si sentiva ‘princeps Samnitium’.

Il presidente di Isidea
Rito Martignetti

Una email riflessiva

Postiamo una email di una persona che vive all'estero e che guarda le cose dal di fuori del piccolo "recinto" in cui viviamo noi. L'anonimato è essenziale per tutelare la sua privacy.

Ciao Antonio,
ho letto gli articoli e mi piacciono molto. Complimenti! Non sapevo avessi ingranato in questa direzione. Mi fa piacere che qualcuno si dia da fare per far (almeno) sentire una voce. Purtroppo leggendo I tuoi articoli c’e’ solo da arrabbiarsi ma almeno c’e’ la speranza che avvenga una presa di coscienza. E che qualcosa si muova per migliorare le condizioni di questo sud (specie le nostre zone che secondo me pero’ sono ormai senza speranza. Forse sono troppo pessimista?). Mah!Speriamo.