giovedì 5 febbraio 2015

Il Fortore tra delusione e speranza

di Angelo Iampietro*


Il Fortore è stato sempre generoso verso lo Stato Italiano, prima monarchico, poi monarchico-fascista, infine repubblicano. Ha dato veramente tanto: molte vite umane nelle due guerre mondiali, migliaia di braccia-lavoro ad altri Paesi (emigrazione sin dagli ultimi anni dell’800, prima nelle Americhe (Argentina, Brasile, Stati Uniti, Canada) e Australia; poi nei Paesi dell’Europa a partire dal dopoguerra (il Belgio con il lavoro nelle miniere di carbone, Gran Bretagna, Francia, Svizzera, Germania) e, a partire dagli anni Sessanta una migrazione interna verso il Nord ( Piemonte e Lombardia in gran parte).

Le rimesse degli emigranti e dei migrati, nei paesi d’origine, hanno consentito lo sviluppo di più attività artigianali, impiegate, per lo più, a quelle connesse con l’edilizia; con essa il paese ha cambiato volto con la riparazione e la costruzione di tante abitazioni, poiché sono stati creati più posti di lavoro e nel contempo create tante manovalanze qualificate.

Le rimesse hanno consentito, altresì a qualche ragazzo di studiare, potendo sopportare, la famiglia di appartenenza, le spese per tenere il proprio figliolo fuori casa in convitto o presso qualche famiglia di Benevento, come era allora in uso.

Le rimesse e le ampliate attività di rinascita economica locale hanno anche fatto sì che il Fortore potesse godere, lentamente, di quei beni materiali in gran parte già posseduti da altri Italiani. Alla ripresa economica, partita dagli anni Sessanta-Settanta in poi, gli abitanti del Fortore si sarebbero aspettati di non emigrare più e di poter fruire di alcuni dei servizi che altri cittadini d’Italia avevano ormai da tempo.

Non è stato così in ordine alla viabilità, ai servizi sanitari, al diritto allo studio; mancano tuttora molte scuole superiori o quelle che ci sono non fruiscono di un eccellente servizio di trasporto per studenti pendolari. Il costo di quest’ultimo è elevato e, così, non tutti possono sopportare il costo dell’abbonamento mensile per raggiungere la sede scolastica più vicina scelta.

Con il nuovo secolo è giunta la crisi economica, che ha ridotto notevolmente le potenzialità produttive dell’intero territorio, tanto che si sono riaperte le porte dell’emigrazione e della migrazione. Si constata, di anno in anno, una consistente riduzione della popolazione, perché i giovani, qualunque sia la loro qualifica professionale, non trovando alcuna possibilità di lavoro in loco, rifanno la valigia così come avevano fatto prima i loro nonni, poi i loro padri e partono in cerca di fortuna verso le Regioni del Nord.

La necessità di partire colpisce tutti, compreso i tanti giovani in possesso di laurea, titolo conquistato con il sudore della fronte di chi li ha sostenuti durante l’intero corso di studi.

Il discorso del Presidente della Repubblica on. prof. Sergio Mattarella ha fatto pieno riferimento ai principi costituzionali nei quali entrano a buon diritto tutti quei cittadini che non hanno avuto tutto ciò che è stato scritto 68 anni fa nella nostra Costituzione, per creare un popolo amalgamato, dignitoso, uguale nei diritti e nei doveri, e non fare come chi ha solo doveri: quello della Valfortore; a quest’ultimo si toglie anche il diritto di curarsi perché la viabilità, tortuosa e poco curata, è quella di sempre. Chi la percorre quotidianamente ne sa qualcosa.

A tal riguardo ogni progetto di miglioramento è stato solo enunciato e mai realizzato con la beffa di aver chiamato “Fortorina” la strada, attualmente in costruzione fino a S. Marco dei Cavoti, senza che essa passi realmente per il Fortore. Il Fortore è quel territorio attraversato dal fiume Fortore sul quale si affacciano i centri abitati del territorio fortorino.

Sig. Presidente, il suo volto serioso, la Sua alta professionalità di giurista, mi fa ben sperare, perché, come ha detto, vuole una Costituzione viva, che stimoli la realizzazione di quanto spetta ad ogni cittadino e di quanto esige da lui; a dir il vero il popolo della Valfortore non si è mai sottratto ai propri doveri, nell’ambito delle sue possibilità, con la “pecca”, forse, di aver chiesto ed ottenuto pochi diritti.

La Sua Presidenza alimenta anche la nostra speranza in un futuro prossimo che non ci veda emarginati in un contesto territoriale lontano dai centri e dai servizi. L’emorragia dello spopolamento, che vede di anno in anno diminuire il numero dei suoi abitanti, si arresterà soltanto se saranno posti in essere i servizi di cui si ha tanto bisogno e si creeranno le condizioni per trovare in loco una possibilità di sviluppo che crei per molti un dignitoso posto di lavoro.

La nostra richiesta risponde pienamente ai principi costituzionali, cui Ella ha fatto riferimento nel discorso fatto alle Camere, dopo il Suo giuramento.
Buon lavoro Signor Presidente.

*docente in pensione

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