venerdì 28 novembre 2014

Un calcio al razzismo e alle discriminazioni. Nel Sannio tocca all'Atletico Brigante

Rispetto, solidarietà, lealtà, aggregazione e trasparenza. Sono questi i valori del calcio popolare che, grazie all'Atletico Brigante, arriva anche nel Sannio.

Si tratta di una squadra di calcio a tutti gli effetti, che quest'anno farà il suo esordio in Terza categoria girone B: il primo caso nel Sannio, dicevamo, ma sono già tante le squadre italiane autogestite "per recuperare l’essenza dello sport più amato al mondo".

Il calcio popolare è ormai una bella realtà nel nostro Paese: a Roma sono attive l'Atletico San Lorenzo e l'Ardita San Paolo (quest'ultima finita sulle pagine di cronaca nelle ultime settimane perchè i calciatori della squadra sono stati vittime di un'aggressione da parte di un gruppo di neofascisti), in Campania esistono l'Rfc Lions Caserta, nel calcio a 5, il Partizan Matese, Stella Rossa e Quartograd.

Ora esiste anche l'Atletico Brigante, prima realtà sannita di calcio popolare, che è chiamata all'esordio in campionato sabato contro il Campolattaro. I "briganti" giocheranno il loro torneo sul campo sportivo comunale di Pago Veiano. Si tratta di una società dilettantistica composta da ragazzi (età media 25 anni) residenti tra Benevento, Pago Veiano, S.Giorgio la Molara, Molinara ed altri comuni del pre-Fortore.

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Un calcio al razzismo ed alle discriminazioni. Nel Sannio tocca all'Atletico Brigante

Migranti

Siamo i marciapiedi più affollati.
Siamo i treni più lunghi.
Siamo le braccia le unghie d'Europa il sudore diesel.
Siamo il disonore la vergogna dei governi
L'odore di cipolla che rinnova le viscere d'Europa.
Siamo un'altra volta la fantasia degli dei.
Milioni di macchine escono targate Magna Grecia.
Noi siamo le giacche appese nelle baracche nei pollai d'Europa.
Addio, terra.
Salutiamoci, è ora.

Franco Costabile

mercoledì 26 novembre 2014

Lo Sblocca Trivelle tra proteste e censure

La parola d’ordine è una sola: avanti tutta con le trivelle. E a indicare la road map è stato il presidente del Consiglio Renzi: “Raddoppiare la percentuale di petrolio e del gas in Italia”. L’Italia già oggi è il quarto produttore europeo e il terzo per quanto riguarda le riserve di oro nero. Il bacino più importante si concentra in Basilicata, la Val d’Agri da sola produce l’82 per cento del petrolio nazionale e risulta essere il più grande giacimento d’Europa.

Ma quanti sono attualmente i pozzi attivi nel nostro Paese? Secondo il ministero dello Sviluppo economico sono oltre mille – tra terraferma e mare – e forniscono il 10 per cento del fabbisogno di gas e il 7 per cento di petrolio. Mentre, i permessi per la ricerca di idrocarburi, ossia i titoli che consentono le indagini geofisiche e perforazioni, in attesa di risposta sono 112, distribuiti da nord al sud.

L’accelerazione in tema di ricerca di petrolio e gas, tuttavia, è arrivata nei giorni scorsi con l’approvazione definitiva al Senato del decreto Sblocca Italia, subito ribattezzato Sblocca Trivelle. Così a finire sul banco degli imputati è stato proprio l’ex sindaco di Firenze, accusato dagli ambientalisti di aver offerto un assist incredibile alle multinazionali petrolifere, che non dovranno avere più l’ok delle Regioni (la cosiddetta valutazione di impatto ambientale) per bucare mari e colline.

L’obiettivo dell’esecutivo, in effetti, non solo è eliminare l’opposizione degli enti locali, ma velocizzare l’iter per le autorizzazioni: d’ora in poi ci saranno i titoli minerari unici (sia per la ricerca, sia per l’estrazione ma ritenuti da più parti contrari al diritto comunitario), verranno rilasciati in appena 180 giorni e le concessioni potranno durare 30 anni, prorogabili più volte per un periodo di dieci anni. E a decidere dove e quando trivellare sarà - con proprio decreto - il ministro dello Sviluppo economico, e non importa se ciò provocherà delle variazione negli "strumenti urbanistici".

Ad essere contestato è soprattutto l’articolo 38 del decreto (Misure per la valorizzazione delle risorse energetiche nazionali): “Al fine di valorizzare le risorse energetiche nazionali e garantire la sicurezza degli approvvigionamenti del Paese, le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale rivestono carattere di interesse strategico e sono di pubblica utilità, urgenti e indifferibili”.

Con questa norma i luoghi di ricerca e d'estrazione vengono di fatto militarizzati. Resi inaccessibili a comitati e popolazioni che si oppongono alle trivelle. Tutto viene sacrificato in nome dei supremi interessi nazionali e della realpolitik del Tony Blair italiano. D’ora in poi, dunque, la palla passa allo stato centrale, che ha deciso di fare del Bel Paese una vera e propria gruviera, dimenticando i passi avanti fatti in tema di tecnologie rinnovabili.

Ora il timore è che le coste siciliane e quelle dell’Adriatico – come molte realtà dell’Appennino, in primis la Basilicata – diventino il Texas d’Italia, con conseguenze negative su turismo e attività economiche.

“Poco importa se diverse Regioni e moltissimi Comuni si oppongono a questa scellerata politica fossile. Poco importano le proteste di decine di migliaia di persone che hanno detto chiaramente che il mare è dei cittadini e non dei petrolieri, che vogliono sfruttarlo solo per ricavarne profitti”, attacca Greenpeace dal blog de ilfattoquotidiano.it.

Ma il governo va avanti come un treno e non si ferma davanti a nessuno ostacolo, nemmeno quando a mettersi di traverso sono gli enti locali o le popolazioni organizzati in “comitatini” (il copyright è di Renzi), che temono per l’inquinamento delle proprie terre con conseguente rischio per la salute.

E la risposta dei comitati (anche se censurata dai media nazionali) è arrivata nei giorni scorsi da Potenza, dove circa cinquemila No triv hanno assediato pacificamente la sede della Regione Basilicata per protestare contro il raddoppio delle estrazioni petrolifere. La Lucania – dove si trivella da più di vent’anni – è interessata da 18 richieste di permessi di ricerca, 11 permessi e 20 concessioni di coltivazione di idrocarburi per quasi i 3/4 del territorio.

E non bastano le confutazioni economiche (la Basilicata è tra le regioni più povere d’Italia e con le royalties più basse al mondo) a fermare il governo Renzi, che invece si appella alla Strategia energetica nazionale, secondo cui la corsa all’oro nero porterà un investimento di 15 miliardi di euro di investimento e di 25 mila nuovi posti di lavoro.

Ma per gli ambientalisti sono solo promesse per tenere buoni i territori. “Altro che innovazione e premier rottamatore – controbattono – la storia è sempre la stessa: in pochi si arricchiscono sulle spalle dei cittadini e dell’ambiente”. Come dire: per gli interessi dei petrolieri si rottama anche il territorio.

martedì 25 novembre 2014

Crolla il sostegno all'industria del Sud

In base ad elaborazioni SVIMEZ, su dati del ministero dello Sviluppo economico, dal 2001 al 2012 le agevolazioni concesse all’industria italiana sono crollate del 51,5%, passando dai 10,1 miliardi di euro annui del triennio 2001-2003 ai 4,3 del triennio 2010-2012.

A pagare di più è stato però il Sud. Dal 2001 al 2012 infatti le agevolazioni concesse all’industria del Mezzogiorno sono crollate del 80,5%, passando dai 6,4 miliardi di euro annui del triennio 2001-2003 agli 1,2 del triennio 2010-2012. Situazione diversa al Centro-Nord, dove le agevolazioni concesse all’industria sono scese negli stessi anni del 24,3%, passando dai 3,7 miliardi euro annui del triennio 2001-2003 ai 2,8 del triennio 2010-2012.

La tendenza si conferma anche sul fronte delle agevolazioni erogate. Nel periodo in questione, in dieci anni, le agevolazioni erogate all’industria meridionale flettono del 67%, da 3,9 a 1,3 miliardi di euro annui, il triplo del Centro-Nord (-22,4%).

(Fonte: Terra e dignità)

domenica 23 novembre 2014

Unità d’Italia: la strage dimenticata di Roseto Valfortore

Il lettore che dopo aver visto il titolo si appresta a leggere l’articolo si aspetta la solita storia retorica di altri eroi che si sono immolati per l’Unità d’Italia. Ma si sorprenderà, invece, nel leggere l’altra storia, quella nascosta, quella censurata, che in questi ultimi decenni sta “urlando” e chiede di venir finalmente alla luce. E’ una storia come tante che, o per vergogna, o per convenienza, o per quant’altro, è stata per decenni tenuta segregata in un cassetto.

Roseto Valfortore è un paesino di mille anime arrampicato sulle montagne dell’Appennino Dauno, in provincia di Foggia. Un luogo accogliente dove gli abitanti hanno ancora il tempo e la volontà di regalare un sorriso ai visitatori che vi giungono. Ma è anche un territorio che ha dentro di sé una ferita storica che mai nessuno gli ha riconosciuto; questa è la vicenda di 4 ragazzi di appena vent’anni e di un adulto, padre di famiglia, che furono trucidati dai garibaldini a causa delle loro simpatie per i Borbone.
Tutto avvenne la sera del 7 novembre 1860 quando i 5 furono allineati ad un muro e passati alle armi da chi era appena sopraggiunto e definiva se stesso “un liberatore”. A nulla valsero le suppliche di pietà che i ragazzi invocarono ai carnefici, a nulla valsero le grida delle donne che assistettero impotenti all’esecuzione.

Questa triste vicenda, ancora una volta, non sarebbe mai venuta fuori se non ci fosse stata la caparbietà e la voglia di sapere di uno studioso, il prof. Michele Marcantonio, che scrisse nel 1983 un libro in cui raccontava l’eccidio (Abbasso la guerra, ossia tre passi a ponente Italia Letteraria, Milano 1983).

Libro, ancora una volta, corredato da documenti storici ufficiali che provavano l’accaduto, ma che furono deliberatamente ignorati. I padri della patria, infatti, dovevano apparire ancora una volta senza macchia e senza peccato! Questo fu l’ordine impartito agli storici. Proprio grazie a tali testimonianze scritte si è potuta realizzare una ricostruzione dettagliata di cosa avvenne quel triste giorno; si riporta integralmente uno stralcio tratto da Il Frizzo, giornale di Lucera: “I cinque vennero allineati lungo il muro che guardava alla torretta, di fronte al plotone. L’aria rigida, la pioggia, che ora con furia, il vento, fatto ora cattivo, che tempestava il viso dei condannati con bordate d’acqua gelida e dura come grossi grani di sabbia, e, forse, il contenuto di quel biglietto consigliarono il generale a far presto, a sbrigarsi.

Nell’estremo tentativo di muovere a pietà, tre dei condannati, cioè Giuseppe Cotturo, Vito Sbrocchi e Leonardo Marrone, s’inginocchiarono nel fango: – Pietà! Siamo innocenti! Parole e lacrime alla pioggia e al vento che mugghiava nella siepe e sui tetti. – Pietà di noi! –, fece Nunzio. Il quinto, più di là che di qua (è Liberato Farace, 22 anni appena, ferito a morte presso la propria abitazione dalle camicie rosse) era ricaduto in un’assenza totale e si teneva ritto al muro come un tronco senza vita. Il sergente rizzava in alto la sciabola come un ricurvo dito d’acciaio guardando fisso il generale. Il sergente non batteva ciglio. Ecco… Il generale fece con l’indice un cenno distratto, quasi meccanico. La sciabola piegò verso terra. Fuoco! I primi tre, a partire dall’angolo, caddero fulminati. Al quarto un secondo colpo. Il quinto, Liberato Farace, indenne. Il fuciliere di grazia esplose su di lui il terzo e il quarto colpo. Solo quest’ultimo spinse fuori da quel giovane corpo il lieve alito di vita residuo.” E’ ora di iniziare a raccontare una storia diversa del Risorgimento: è iniziata al Sud un’inarrestabile “rivoluzione culturale” atta a far sì che si cancelli la retorica e che si guardi in faccia la realtà di quello che successe 150 anni or sono. Documenti come questo e come tanti altri devono servire per risvegliare la voglia di verità che gli storici, assoggettati al potere, hanno perso. E’ una questione soprattutto di libertà: soltanto quando uno studioso potrà scrivere le verità storiche senza dover seguire una “linea comune”, allora si sentirà libero.

(FONTE) Briganti: Unità d’Italia: la strage dimenticata di Roseto Va...

Anche lo Sporting Baselice dice no alle trivelle


(foto tratta da facebook)

venerdì 21 novembre 2014

PINO APRILE ABBRACCIA IL CONCORSO DI POESIA DIALETTALE

Dopo il successo dell’ultima edizione del concorso “Radici Poetiche” dedicato a Massimo Troisi, non solo per i numerosi lavori pervenuti da tutta Italia, ma per la qualità degli stessi, come ha ben sottolineato il prof. Aniello Russo che anche quest’anno presiederà la giuria di esperti che vede tra i giurati anche Corrado Taranto e Gianni Mauro, il concorso arriva in Svizzera, a Lucerna, dove si recherà l’editore Donatella De Bartolomeis, grazie ad Antonia Cianciulli, referente del concorso per gli Italiani all’estero.

Ad abbracciare l’iniziativa come Presidente Onorario Pino Aprile che dichiara “i concorsi di poesia dialettale spesso sono intesi come folklore, perché il dialetto è stato a lungo e a torto ritenuto un ghetto, una scelta minoritaria. Mentre l'uso della parlata di casa è una ricerca di significati profondi, di radici che andrebbero perse, di costruzioni verbali spesso nate in una cultura contadina e riadattate alla modernità. Pasolini lo ha fatto capire come pochi; e questo recupero ha raggiunto vette sofisticatissime: si pensi soltanto alla costruzione di una lingua personale e poetica a base dialettale, compiuta da Albino Pierro (più volte candidato al Nobel), con le sonorità della parlata di Tursi, il suo paese. Ma il concorso è intitolato a Massimo Troisi, che, come Eduardo, ha dimostrato che si può essere universali, ci si può far capire da tutti, usando il proprio dialetto. Il napoletano, è vero, uno degli idiomi più teatrali che esistano, che si fa comprendere anche solo con i toni e i suoni; ma pur sempre una scelta coraggiosa, per chi si rivolge non a un pubblico selezionato, come il poeta Pierro e altri, ma indistinto, attraverso il cinema, la televisione. Con queste iniziative si recuperano brandelli di identità”.

In Svizzera Rosaria Troisi, madrina del concorso sarà presente attraverso una lettera che ha scritto per il fratello Massimo, pubblicata sul Corriere della Sera “… incontro ragazzi che non erano nemmeno nati quando te ne sei andato. Gli racconto la tua storia, la storia di un timido ragazzo di provincia che non si è mai arreso di fronte alle difficoltà della sorte. E che alla fine ha vinto a dispetto di tutto. Loro sono già troppo grandi per credere alle favole, ma quando nel loro sguardo vedo accendersi un bagliore capisco che alla tua storia però ci stanno credendo, e che ai loro occhi riesci a incarnare un simbolo di speranza vera, come sei stato vero tu.”

Sul sito www.edizioniilpapavero.com il bando 2015. Segretario del concorso la giornalista Jenny Capozzi.

giovedì 20 novembre 2014

L’articolo 18 è nato 7 secoli fa. Fu scritto nel 1331 nel Fortore

di Leonardo Bianco

Pensate che lo statuto dei lavoratori, compreso l’articolo 18, sia nato grazie alle battaglie degli operai e alle lotte sindacali degli anni ‘60/’70? Sbagliato. Pare che il divieto di licenziare senza giusta causa sia stato messo nero su bianco per la prima volta sette secoli fa. E udite! Udite! Ad usufruirne furono i cittadini delle comunità del Fortore sotto la giurisdizione dell’abazia di Santa Maria del Gualdo a Mazzocca, oggi conosciuto come il santuario diocesano del beato Giovanni Eremita da Tufara.

Le regole furono introdotte in occasione della fondazione del borgo di San Bartolomeo in Galdo ad opera dell’abate Nicola da Ferrazzano intorno al 1330 che con una supplica chiese “il regio assenso a poter ripopolare un luogo privato o burgensatico (vale a dire terre possedute in proprietà libera) chiamato “San Bartolomeo”, totalmente privo di abitanti” come si legge nella ricerca realizzata dal giornalista Paolo Angelo Furbesco sul centro fortorino. Uno statuto redatto nel 1331 e perfezionato nel 1360 da un altro abate molisano: Nicola da Cerce. Regole frutto del confronto democratico, stando alle dichiarazioni di alcuni studiosi locali come Fiorangelo Morrone, storico baselicese. Ed è proprio in un libro dello studioso fortorino dedicato alle immunità, alle franchigie e agli statuti del 1994, che si fa riferimento allo statuto “relativo ai lavoratori gualani (braccianti), stallieri e domestici, da un punto di vista etico-sociale […]”. Una notizia rimbalzata nei giorni scorsi su alcuni organi d’informazione molisani, dopo una nota del vice presidente della giunta regionale del Molise Michele Pietraroia che richiamava l’attenzione del governo sull’articolo 18. “Una scoperta sensazionale – ha dichiarato a Ottopagine l’esponente del Pd - che conferma la vitalità di un Sud, e soprattutto di un territorio come il Fortore, dimenticato che anticipa grazie all’azione di due abati molisani di sette secoli un principio di civiltà qual è il divieto di licenziamento senza giusta causa offrendo una chiave di lettura sul contributo della dottrina cristiana nella formulazione di un principio di tutela giuslavoristica fondamentale”.

Il rappresentante del governo molisano, sulla questione, ha interpellato alcuni docenti universitari, il professor Franco Focareta dell’Università di bologna e la professoressa Luisa Corazza dell’Università del Molise, auspicando che la questione dell’articolo 18 “possa essere rilanciata sul piano scientifico una tematica che è al centro del confronto istituzionale, politico e parlamentare italiano con il Jobs Act”. Una notizia storica che, secondo Pietraroia, dimostra che i diritti dell’uomo non è questione posta da Marx nell’800 o dai sindacati nel secondo dopo guerra, ma è un principio di civiltà che nasce dalla Chiesa e che viene sancito grazie all’opera di due monaci benedettini eredi del beato Giovanni eremita da Tufara (Campobasso).

Per l’esponente molisano della sinistra Pd, “Renzi e il suo governo bene farebbero a venire nel Fortore e leggere lo statuto dei lavoratori scritto da Nicola da Ferrazzano e Nicola da Cerce, che 610 anni prima dello Statuto dei Lavoratori metteva al centro i diritti dell’uomo e la dignità degli operai (allora braccianti, stallieri e domestici). Regole che già allora prevedevano dignità del rapporto tra datore di lavoro e dipendenti. Sulla storia dello statuto nato sette secoli fa c’è l’impegno anche dell’amministrazione comunale di San Bartolomeo, così come affermato dal vicesindaco Lina Fiorilli, di voler proseguire nelle ricerche, per valorizzare la figura del fondatore del centro fortorino e soprattutto per approfondire la figura del beato Giovanni eremita che nel fortore fondò l’abazia di Santa Maria del Gualdo, circa nove secoli fa.

(Tratto dal quotidiano Ottopagine)

mercoledì 19 novembre 2014

L'articolo 18 nasce nel Fortore nel Trecento

Postiamo un interessante articolo pubblicato sul quotidiano online pensieridintegrazione.it a firma di Michele Pietraroia, ex segretario della Cgil Molise e attuale vicepresindente della Regione Molise.

Nel corso di un incontro avuto con l’avvocato Lina Fiorilli, vice-sindaco di San Bartolomeo in Galdo, ho avuto l’opportunità di approfondire insieme ad altri studiosi della materia quali il giovane Presidente dei laureati in giurisprudenza dell’Università del Molise, Michele Pappone, gli scritti dell’avvocato Donato Castellucci che ricostruendo la storia dell’Abbazia di Santa Maria del Gualdo a Mazzocco, fondata nel 1156 da San Giovanni Eremita da Tufara, si sofferma su una scoperta sensazionale in materia di diritto del lavoro.

Nello Statuto elaborato dall’Abate Nicola da Ferrazzano nel 1331 e perfezionato da un confronto democratico con la comunità locale dall’Abate Nicola da Cerce nel 1360, successori di San Giovanni Eremita alla guida dell’Abbazia, tra gli altri “diritti e doveri“ veniva riportato il divieto del licenziamento in tronco senza giusta causa per i gualani (addetti al bestiame), gli stallieri, i famuli (domestici) e i salariati, anticipando di cinque secoli Karl Marx e di 610 anni il varo dello Statuto dei Lavoratori che prevede all’articolo 18 la stessa tutela.


Trattasi dell’atto costitutivo del comune di San Bartolomeo in Galdo appartenente ai tenimenti dell’Abbazia di Mazzocco che comprendevano gran parte del Molise e della Capitanata.

Per la prima volta in uno Statuto veniva posta attenzione ai diritti della persona prevedendo tutele per le donne e i fanciulli, sanzionando il servilismo e sancendo il principio della pacificazione e del garantismo.

Per comprendere meglio il rilievo storico di questo centro culturale e religioso fondato da un molisano secondo la Regola di San Benedetto mi limito a segnalare le bolle papali di Adriano IV del 1156, di Clemente III del 1188, di Celestino III del 1192 e di Innocenzo III del 1208, e gli Atti di Protezione del Re Guglielmo il Normanno del 1187, dell’Imperatore Federico II di Svevia del 12 agosto 1209 e l’autorizzazione concessa all’Abate Nicola da Ferrazzano nel 1331 dal Re Roberto d’Angiò. Tra i principali sostenitori dell’Abbazia troviamo in quel periodo Guglielmo Borrello Signore di Agnone, i conti di Molise, i conti di Loretello e altri esponenti della Capitanata, della Campania e del Molise.

Questi riferimenti aiutano a capire il rilievo culturale, storico e sociale dell’opera di San Giovanni Eremita da Tufara, e degli Abati che operarono dopo di lui a Santa Maria del Gualdo di Mazzocco fino al 1456 quando il terremoto che sconvolse il Molise distrusse l’Abbazia.

Bisogna evitare che passi inosservata, una notizia sensazionale come questa, che conferma la vitalità di un Sud dimenticato che anticipa grazie all’azione di due Abati molisani (Nicola da Ferrazzano e Nicola da Cerce) di secoli un principio di civiltà qual è il divieto di licenziamento senza giusta causa offrendo una chiave di lettura sul contributo della dottrina cristiana nella formulazione di un principio di tutela giuslavoristica fondamentale.

Sulla questione c’è necessità di continuare a scavare negli archivi di Napoli ed auspico che i docenti di diritto del lavoro dell’Università di Bologna e dell’Università del Molise che ho già attivato possano riprendere e rilanciare sul piano scientifico una tematica che è al centro del confronto istituzionale, politico e parlamentare italiano con il Jobs Act.

Sono convinto che il professor Franco Focareta e la professoressa Luisa Corazza confermeranno la propria attenzione sul punto e seguiranno insieme al dottor Michele Pappone l’evolversi dell’acquisizione della documentazione d’archivio già menzionata nei suoi scritti da Padre A. Casamassa, uno dei più accreditati docenti dell’Università Lateranense, oltre che dall’avvocato Donato Castellucci.

Per il Molise e per la nostra Università si apre uno spazio interessante di valenza nazionale sull’idea di società da costruire nel rapporto tra Capitale e Lavoro, sul valore dell’articolo 1 della Costituzione e sull’errore strategico di un pensiero miope che pensa di sostenere un modello di sviluppo disconoscendo i diritti della persona che lavora. Quello che nella concezione culturale cristiana pre-marxista del 1331 era un valore acquisito in termini di civiltà oggi non può diventare lo scalpo da portare a Berlino per ingraziarsi la Merkel, la Banca centrale europea e la finanza speculativa globale.

lunedì 17 novembre 2014

Il brigante Secola nella bibliografia sulla vera storia del Risorgimento

* “Il brigantaggio politico del Mezzogiorno d’Italia (1815-1818″
Antonio Lucarelli, Milano, Longanesi, 1982
* “Il brigantaggio politico delle Puglie dopo il 1860 – Il sergente Romano”
Antonio Lucarelli, Milano, Longanesi, 1982
* “Carmine Crocco Donatelli. Un Brigante guerrigliero”
Antonio De Leo Antonio, Cosenza, Luigi Pellegrini Editore, 1983
* “Briganti e senatori”
Alberico Bojano, Napoli, Alfredo Guida Editore, 1997.
* “Briganti e piemontesi: alle origini della questione meridionale”
Aldo De Jaco, Rocco Curto Editore, 1998
* “A sud del Risorgimento”
Antonio Boccia, Napoli, Tandem, 1998
* “La Sicilia e il brigantaggio”
Luigi Capuana, Carlo Ruta (a cura di) Messina, Edi.bi.si., 2005
* “Dopo Teano: Storie d’amore e di briganti”
Aldo De Jaco, Lacaita, 2001
* “Il brigantaggio meridionale: cronaca inedita dell’Unità d’Italia”
Aldo De Jaco, Editori Riuniti, 1969
* “La chiamarono Unità d’Italia…”
Antonio Grano, Napoli, 2009
* “Il brigante Secola. La sanguinosa rivolta nel Fortore post-unitario”
Antonio Bianco, Benevento, Il Chiostro, 2011

* “I panni sporchi dei Mille”
Angela Pellicciari,(Liberal Edizioni)
* “I Savoia e il massacro del Sud”
Antonio Ciano, Grandmelò
* “Due Sicilie, 1830 – 1880″
Antonio Pagano – Capone, 2002
* “La conquista del Sud: Il Risorgimento nell’Italia Meridionale”
Carlo Alianello, Milano, Edilio Rusconi, 1994
* “Controstoria dell’Unità d’Italia, ribellione popolare e repressione militare 1860-1865″
Carlo Coppola, Lecce, MCE Editore 2003
* “Il Mezzogiorno e l’unità d’Italia”
Carlo Scarfoglio, Parenti Firenze
* “Il Brigantaggio nel Salento”
Carlo Coppola, Matino, Tipografie S. Giorgio, 2005
* “Storia d’Italia”
Denis Mack Smith, Roma-Bari, Giuseppe Laterza e figli, 2000
* “Il potere di punire e perdonare. Banditismo e politiche criminali nel Regno di Napoli in età moderna”
Francesco Gaudioso, Galatina, Congedo, 2006
* “Eroi e briganti”
Francesco Saverio Nitti, Milano, Longanesi, 1946
* “La stangata”
Francesco Del Vecchio (2001) Ed. Libellula
* “I Lager dei Savoia“
Fulvio Izzo (1999), Ed. Controcorrente
* “Regno delle Due Sicilie- tutta la verita”
Gustavo Rinaldi
* “Il sangue del Sud. Antistoria del Risorgimento e del brigantaggio”
Giordano Bruno Guerri
* “Brigantaggio, proprietari e contadini nel Sud (1799-1900)”
Gaetano Cingari, Reggio Calabria, Editori Riuniti 1976
* “Garibaldi,l’avventuriero, il massone, l’opportunista”
Gustavo Rinaldi, ed. Controcorrente
* “Il Brigantaggio dal 1860 al 1865″
Giuseppe Bourelly, Venosa, Osanna, 1987
* “La bugia risorgimentale. Il Risorgimento italiano dalla parte degli sconfitti”
Gerlando Lentini
* “1860 – La stangata“
* “1861 Pontelandolfo e Casalduni. Un massacro dimenticato”
Gigi Di Fiore – Grimaldi & C. ed. 1998
* “I vinti del Risorgimento. Storia e storie di chi combatté per i Borbone di Napoli”
Gigi Di Fiore
* “Gli ultimi giorni di Gaeta. L’assedio che condannò l’Italia all’Unità”
Gigi Di Fiore
* “Controstoria dell’Unità d’Italia. Fatti e misfatti del Risorgimento“
Gigi Di Fiore, Ed. Rizzoli
* “Indietro Savoia! Storia controcorrente del Risorgimento italiano“
Lorenzo Del Boca, Ed. Piemme
* “Maledetti Savoia”
Lorenzo Del Boca, Ed. Piemme
* “Donne contro: le brigantesse streghe dell’Appennino”
Maria Procino, in «SLM- Sopra il livello del mare» Rivista dell’Istituto Nazionale della montagna, n. 28, 2006
* “L’unità truffaldina”
Nicola Zitara, liberamente scaricabile in formato HTML o RTF
* “Il Sud e l’unità d’Italia”
Giuseppe Ressa e Alfonso Grasso, (e-book)
* “La Storia Proibita -Quando i Piemontesi invasero il Sud-”
vari autori, Ed. Controcorrente, Napoli 2001
* “L’Unità d’Italia: nascita di una colonia”
Nicola Zitara
* “Tutta l’ègalitè”
Nicola Zitara, estratto dalla rivista Separatismo
* “Memorie di quand’ero italiano”
Nicola Zitara
* “Negare la negazione”
Nicola Zitara
* “L’invenzione del Mezzogiorno”
Nicola Zitara,
* “Contro la questione meridionale”
Carlo Capecelatro, Savelli, Roma
* “L’unità d’Italia: guerra contadina e nascita del sottosviluppo del Sud”
M. R. Cutrufelli, , Bertani Editore, Verona
* “Don Josè Borges, generale catalano e guerrigliero borbonico, Diario di guerra”
Josè Borjes, Valentino Romano (a cura di) Bari, Adda, 2003
* “Mezzogiorno, emigrazione di massa e sottosviluppo”
Mario Iaquinta, Luigi Pellegrini Editore, 2002
* “Terroni”
Pino Aprile, Piemme 2010
* “Brigantesse. Donne guerrigliere contro la conquista del Sud”
Valentino Romano, Napoli, Crontrocorrente, 2007
* “Il Brigantaggio da Fra’ Diavolo a Crocco”
Marc Monnier, Lecce, Capone
* “Briganti e musica popolare dal nord al Sud”
Pierluigi Moschitti, Gaeta, Sistema Bibliotecario Sud Pontino
* “Il “brigantaggio” politico nella Marca pontificia ascolana dal 1798 al 1865″
Timoteo Galanti, Sant’Atto di Teramo, Edigrafital, 1990
* “Stefano Pelloni detto il passatore: cronache popolari”
Massimo Dursi, Giulio Einaudi Editore, 1963
* “Storia del brigantaggio dopo l’Unità”
Franco Molfese, Giangiacomo Feltrinelli Editore, 1966
* “Brigantaggio e Risorgimento – Legittimisti e Briganti tra i Borbone e i Savoia”
Giovanni De Matteo, Napoli, Alfredo Guida Editore, 2000
* “Il brigantaggio politico nel brindisino dopo l’Unità”
Vincenzo Carella, Fasano, Grafischena, 1974
* “Il rovescio della medaglia: storia inedita del brigante Stefano Pelloni detto il Passatore”
Leonida Costa, , Fratelli Lega, 1976
* “Cronache del Brigantaggio Meridionale (1806-1815)”
Francesco Barra, Salerno, S.E.M., 1981
* “I fuochi del Basento”
Raffaele Nigro, Milano, Camunia, 1987
* “Carmine Donatelli Crocco, La mia vita da brigante”
Valentino Romano (a cura di) Bari, Adda, 2005
* “Carmine Donatelli Crocco,Come divenni brigante”
Mario Proto (a cura di) – Autobiografia, Manduria, Lacaita, 1995
* “Una storia siciliana fra Ottocento e novecento. Lotte politiche e sociali, brigantaggio e mafia, clero e massoneria a Barrafranca e dintorni”
Salvatore Vaiana, Barrafranca, Salvo Bonfirraro editore, 2000
* “Briganti, arrendetevi!: Ricordi di un antico bersagliere”
Ferdinando Mirizzi, Venosa, Osanna, 1996
* “Brigantaggio, repressione e pentitismo nel Mezzogiorno preunitario”
Francesco Gaudioso,Galatina, Congedo, 2002
* “Calabria ribelle. Brigantaggio e sistemi repressivi nel Cosentino (1860-1870)”
Francesco Gaudioso, Milano, FrancoAngeli, 1996
* “Il banditismo nel Mezzogiorno moderno tra punizione e perdono”
Francesco Gaudioso, Galatina, Congedo Editore, 2001
* “Dossier Brigantaggio. Viaggio tra i ribelli al borghesismo e alla modernità”
Francesco Mario Agnoli, Napoli, Controcorrente, 2003
* “La Capitanata fra briganti e piemontesi”
Giovanni Saitto, Edizioni del Poggio, 2001
* “La repressione del brigantaggio a Canicattì e dintorni da Francesco Bonanno a Cesare Mori”
Salvatore Vaiana, pubblicato in “Canicattì nuova”, Canicattì, 2002.
* “Josè Borjes,La mia vita tra i Briganti”
Tommaso Pedio (a cura di), Manduria, Lacaita
* “Con Dio e per il Re. Diario di guerra del generale legittimista”
Josè Borjes, Napoli, Controcorrente, 2005
* “La guerra cafona: Il brigantaggio meridionale contro la Stato unitario”
Salvatore Scarpino, Milano, Boroli Editore, 2005
* “Giustiziateli sul campo. Letteratura e banditismo da Robin Hood ai giorni nostri”
Raffaele Nigro, Milano, Rizzoli Editore, 2006
* “Il Regno perduto”
Antonio Ballarati, Napoli, Edizioni Iuppiter, 2012

La bibliografia (non completa) è stata stilata dal gruppobriganti.blogspot.com
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