sabato 7 febbraio 2015

Fondo Microcredito, Uecoop al fianco dei piccoli comuni del Sannio

UeCoop apre Sportelli di assistenza dedicati al supporto e tutoraggio di nuove imprese nei piccoli Comuni beneficiari del “Pi.co Microcredito”, lo strumento agevolativo della Regione Campania destinato alle imprese, costituite o da costituire, con sede operativa nei comuni al di sotto dei 5mila abitanti.
“Le imprese hanno bisogno di fondi ma soprattutto di una rete di servizi adeguata – ha spiegato il responsabile regionale di UECOOP - Unione Europea delle Cooperative Campania, Fabrizio Bellone - ai sindaci ci proponiamo come partner, nella fase di accompagnamento agli imprenditori, con l’avvio di una rete regionale di sportelli di facility e start-up”.

I Comuni individuati in provincia di Benevento sono Amorosi, Apollosa, Arpaise, Baselice, Bucciano, Campolattaro, Campoli del Monte Taburno, Casalduni, Castelpagano, Cautano, Ceppaloni, Cusano Mutri, Dugenta, Durazzano, Faicchio, Foglianise, Foiano, Fragneto Monforte, Frasso Telesino, Ginestra degli Schiavoni, Melizzano, Moiana, Molinara, Montefalcone di Val Fortore, Paduli, Pago Veiano, Pannarano, Paupisi, Pesco Sannita, Pietraroja, Ponte, Pontelandolfo, Puglianello, Reino, San Leucio del Sannio, San Lorenzello, San Lorenzo Maggiore, San Lupo, San Martina Sannita, San Nicola Manfredi, San Salvatore Telesino, Sant’Angelo a Cupolo, Sant’Arcangelo Trimonte, Solopaca, Tocco Caudio, Vitulano (Per continuare a leggere l'articolo de Ilquaderno.it clicca qui sotto)

Fondo Microcredito Pi.Co., Uecoop al fianco dei piccoli comuni del Sannio

giovedì 5 febbraio 2015

Il Fortore tra delusione e speranza

di Angelo Iampietro*


Il Fortore è stato sempre generoso verso lo Stato Italiano, prima monarchico, poi monarchico-fascista, infine repubblicano. Ha dato veramente tanto: molte vite umane nelle due guerre mondiali, migliaia di braccia-lavoro ad altri Paesi (emigrazione sin dagli ultimi anni dell’800, prima nelle Americhe (Argentina, Brasile, Stati Uniti, Canada) e Australia; poi nei Paesi dell’Europa a partire dal dopoguerra (il Belgio con il lavoro nelle miniere di carbone, Gran Bretagna, Francia, Svizzera, Germania) e, a partire dagli anni Sessanta una migrazione interna verso il Nord ( Piemonte e Lombardia in gran parte).

Le rimesse degli emigranti e dei migrati, nei paesi d’origine, hanno consentito lo sviluppo di più attività artigianali, impiegate, per lo più, a quelle connesse con l’edilizia; con essa il paese ha cambiato volto con la riparazione e la costruzione di tante abitazioni, poiché sono stati creati più posti di lavoro e nel contempo create tante manovalanze qualificate.

Le rimesse hanno consentito, altresì a qualche ragazzo di studiare, potendo sopportare, la famiglia di appartenenza, le spese per tenere il proprio figliolo fuori casa in convitto o presso qualche famiglia di Benevento, come era allora in uso.

Le rimesse e le ampliate attività di rinascita economica locale hanno anche fatto sì che il Fortore potesse godere, lentamente, di quei beni materiali in gran parte già posseduti da altri Italiani. Alla ripresa economica, partita dagli anni Sessanta-Settanta in poi, gli abitanti del Fortore si sarebbero aspettati di non emigrare più e di poter fruire di alcuni dei servizi che altri cittadini d’Italia avevano ormai da tempo.

Non è stato così in ordine alla viabilità, ai servizi sanitari, al diritto allo studio; mancano tuttora molte scuole superiori o quelle che ci sono non fruiscono di un eccellente servizio di trasporto per studenti pendolari. Il costo di quest’ultimo è elevato e, così, non tutti possono sopportare il costo dell’abbonamento mensile per raggiungere la sede scolastica più vicina scelta.

Con il nuovo secolo è giunta la crisi economica, che ha ridotto notevolmente le potenzialità produttive dell’intero territorio, tanto che si sono riaperte le porte dell’emigrazione e della migrazione. Si constata, di anno in anno, una consistente riduzione della popolazione, perché i giovani, qualunque sia la loro qualifica professionale, non trovando alcuna possibilità di lavoro in loco, rifanno la valigia così come avevano fatto prima i loro nonni, poi i loro padri e partono in cerca di fortuna verso le Regioni del Nord.

La necessità di partire colpisce tutti, compreso i tanti giovani in possesso di laurea, titolo conquistato con il sudore della fronte di chi li ha sostenuti durante l’intero corso di studi.

Il discorso del Presidente della Repubblica on. prof. Sergio Mattarella ha fatto pieno riferimento ai principi costituzionali nei quali entrano a buon diritto tutti quei cittadini che non hanno avuto tutto ciò che è stato scritto 68 anni fa nella nostra Costituzione, per creare un popolo amalgamato, dignitoso, uguale nei diritti e nei doveri, e non fare come chi ha solo doveri: quello della Valfortore; a quest’ultimo si toglie anche il diritto di curarsi perché la viabilità, tortuosa e poco curata, è quella di sempre. Chi la percorre quotidianamente ne sa qualcosa.

A tal riguardo ogni progetto di miglioramento è stato solo enunciato e mai realizzato con la beffa di aver chiamato “Fortorina” la strada, attualmente in costruzione fino a S. Marco dei Cavoti, senza che essa passi realmente per il Fortore. Il Fortore è quel territorio attraversato dal fiume Fortore sul quale si affacciano i centri abitati del territorio fortorino.

Sig. Presidente, il suo volto serioso, la Sua alta professionalità di giurista, mi fa ben sperare, perché, come ha detto, vuole una Costituzione viva, che stimoli la realizzazione di quanto spetta ad ogni cittadino e di quanto esige da lui; a dir il vero il popolo della Valfortore non si è mai sottratto ai propri doveri, nell’ambito delle sue possibilità, con la “pecca”, forse, di aver chiesto ed ottenuto pochi diritti.

La Sua Presidenza alimenta anche la nostra speranza in un futuro prossimo che non ci veda emarginati in un contesto territoriale lontano dai centri e dai servizi. L’emorragia dello spopolamento, che vede di anno in anno diminuire il numero dei suoi abitanti, si arresterà soltanto se saranno posti in essere i servizi di cui si ha tanto bisogno e si creeranno le condizioni per trovare in loco una possibilità di sviluppo che crei per molti un dignitoso posto di lavoro.

La nostra richiesta risponde pienamente ai principi costituzionali, cui Ella ha fatto riferimento nel discorso fatto alle Camere, dopo il Suo giuramento.
Buon lavoro Signor Presidente.

*docente in pensione

mercoledì 4 febbraio 2015

Il Fortore attende la telefonata del Presidente Mattarella

di Leonardo Bianco

Da martedì scorso l’Italia ha un nuovo Presidente della Repubblica: Sergio Mattarella. Il neo Capo dello Stato, dopo il rito del giuramento di fedeltà al Paese e alla Costituzione, ha parlato, con sobrietà al Parlamento e soprattutto agli italiani, usando parole semplici. Il siciliano di Palermo salito al Colle del Quirinale si è rivolto ai suoi concittadini (gli italiani), raccontando la Carta costituzionale. Il presidente ha spiegato ai deputati e ai senatori, ma anche al popolo, che la Costituzione non è solo un’enunciazione di principi,
ma qualcosa di più. Essa vive nelle cose di tutti i giorni, “sui volti dei cittadini”.

La Carta costituzionale si concretizza, stando alle parole di Mattarella (noi la pensiamo allo stesso modo), quando risponde alle esigenze e alle speranze dei cittadini. Si materializza negli ospedali, nelle scuole. Sintetizzando in poche parole: dando e rispettando i diritti di eguaglianza e solidarietà a tutti gli italiani.

Diritti molto spesso calpestati, anche questo è stato il pensiero del presidente, dal malaffare e dalla corruzione. Nel suo discorso, il Presidente ha fatto una sola citazione. Ha ricordato le parole di Papa Francesco proprio sulla corruzione e il malaffare. Bene caro presidente abbiamo constato dalle sue parole che il Pontefice per lei è un punto di riferimento.

Allora le chiediamo di fare come il Vescovo di Roma. Ogni tanto alzi la cornetta per ascoltare i suoi concittadini. Ad esempio perché non chiama qualche cittadino del Fortore per chiedere cosa si aspetta dalla Stato. Si sentirà rispondere: più niente. E non perché è soddisfatto di ciò che ha, ma perché ormai non crede più nelle Stato che da 150 anni gli nega una strada degna di questo nome. Da prima della nascita della Repubblica aspetta una ferrovia.

Per 50 anni ha aspettato un ospedale, tra l’altro costruito, mai aperto. Eppure sono stati spesi oltre 40 milioni di euro per costruirlo. Caro presidente prenda la cornetta e parli con gli anziani del Fortore che sono stati costretti a vedere i loro figli prima e i nipoti poi a prendere la valigia e scappare via per trovare un lavoro dignitoso.

Parli con gli studenti pendolari che all’improvviso si vedono sopprimere la linea autobus che li porta a scuola per il semplice capriccio di un’azienda di trasporto che usufruisce di soldi pubblici con la complicità delle istituzioni. Caro presidente faccia qualche telefonata ai suoi concittadini che vivono in un lembo di terra del Sannio campano, al confine con Puglia e Molise, e parli con loro.

Capirà che quel Parlamento nel quale martedì ha prestato giuramento è distante anni luce da loro. Ha ragione quando dice che un popolo deve essere comunità. Ma per far questo bisogna mettere in condizione questi suoi concittadini di potersi sentire parte di questa Italia che da oltre 150 anni continua ad ignorare le richieste legittime di questa Terra: il Fortore. Grazie presidente. Attendiamo una sua telefonata.

www.sanbartolomeaninelmondo.it

martedì 3 febbraio 2015

UN ARCIPELAGO RURALE

(Tratto da Liminaria.org) Una delle sorprese più piacevoli che possiamo trovare quando ci lanciamo totalmente in un progetto specifico, consiste nel fatto che sorgono forze e opportunità che prima non ci saremmo immaginati.(Domenico Cieri Estrada)

Liminaria è la sperimentazione di un modello di sviluppo delle aree interne. È la piattaforma nella quale testare la risposta che un territorio riesce a dare alle domande del nostro tempo.

Liminaria è l’applicazione di un filtro fotografico (sul paesaggio rurale del Fortore), capace di evidenziare il contrasto, di regolare la saturazione e di registrare i toni per riguardare in alta risoluzione quello che c’è davvero dentro questi territori di frontiera. Un vero e proprio layer sul quale si sovrappongono l’innovazione sociale, la costruzione di narrative, l’evidenza delle emergenze e l’umana genuinità. Per esperienza nell’organizzazione di un evento, una delle prime criticità è data dalla location; Liminaria non solo annulla questa tesi ma ne dimostra il contrario per la capacità che ha di produrre contenuti di qualità e di posizionarsi nel panorama nazionale dell’offerta culturale.

La crisi del nostro tempo impone la necessità di fare innovazione, di leggere in modo diverso i processi, di creare nuove relazioni e di dare un nuovo significato al concetto di bene culturale includendo in esso tutto il patrimonio intangibile custodito dalle comunità delle aree interne. Costruire un evento in un luogo così “altrove” come il Fortore ha il sapore di un confronto più netto con la contemporaneità; Liminaria fa emergere un’inversione di tendenza rispetto all’ossessivo inseguimento di modelli lontani non solo per distanza, ma per cultura e soprattutto “velocità”. Una velocità come fulcro di una relazione con il tempo che prova la presenza nelle comunità rurali di una misura che sembrava smarrita.

Se è vero che il concetto di libertà era legato all’allontanarsi dalla pesantezza della quotidianità che regna nei piccoli paesi dell’entroterra, oggi la stessa libertà dà origine alla necessità di interrompere lo “sradicamento” e di ri-edificare la comunità.
«È lo “sradicamento” causato dalla libertà che suscita, a sua volta, la domanda di protezione, la nostalgia di legami forti e di comunità, e quindi produce un’altra dismisura: quella del “ri-radicamento” etnico.» (Cassano, 1996)
Su questa “dismisura” bisogna lavorare.

Va posta l’attenzione sulla capacità di essere custodi di un sapere collettivo; consapevoli della necessità di un impegno continuo sulle nuove generazioni rivoluzionando il consueto coinvolgimento di scuole, famiglie e istituzioni per produrre un nuovo linguaggio direttamente rivolto ai destinatari di questo processo.

Un sapere a km zero senza intermediari. Il Fortore è linea di orizzonte, un “mare interno” con i suoi comuni che, come isole di un arcipelago, trattengono il respiro per ascoltare il vento avvolgere il paesaggio sonoro.
È la proiezione di un futuro rurale, profetico e visionario come lo immaginerebbe Arthur Rimbaud:

Ho visto arcipelaghi siderali! E isole
dove i cieli deliranti sono aperti al vogatore:
è in queste notti senza fondo che tu dormi e ti esili,
milioni di uccelli d’oro, oh futuro Vigore?


Nel disegno di queste nuove geografie, emerge la necessità di elaborare una mappa che superi i limiti amministrativi e con l’evidenza delle aree attive sulle quali puntare per investire un capitale di esperienze e relazioni sulla governance di un processo partecipato di innovazione sociale, rurale e culturale.

Italo Calvino sosteneva che “d’una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda”.

Ora, mettiamo che questo pensiero non lo applichiamo su una città, ma su un territorio rurale e che la domanda è: “qual è il modello di sviluppo più innovativo, immersivo e coinvolgente per le comunità?” a questo punto, se il territorio è il Fortore, la risposta non può che essere Liminaria.

Guido Lavorgna - Tabula Rasa Eventi