giovedì 3 ottobre 2013

Le emozioni del teatro di Alfonso Mascia

Forti emozioni per la folta platea che domenica 29 settembre ha seguito, presso la Sala Consiliare del comune di Baselice, ‘Le Musiche nei Teatri di Alfonso Mascia’. L’evento, organizzato dal comune di Baselice con il patrocinio della Comunità Montana del Fortore, ha sentito la forte riconoscenza del popolo baselicese nei confronti del professore Mascia prematuramente scomparso tre anni fa. Ricorreva proprio l’anniversario di morte domenica e il pubblico si è spesso commosso nel ricordo del caro professore, che tanto ha amato il piccolo paese fortorino, valorizzandolo nella sua semplicità. Una manifestazione importante, in quanto si è presentato un lavoro che ha visto la collaborazione dei musicisti del paese; un cd con 22 brani in lingua baselicese scritti dal professor Alfonso Mascia e musicati da Dionigi Bianco, Eugenio Pareo e Sandro Paolozza.

All’arrangiamento dei brani, la casa discografica ‘Aldroc Studios’ del maestro Aldo Pareo. Un lavoro questo che si va ad aggiungere alle opere teatrali del compianto professore che risaltano il dialetto baselicese. La serata si è aperta proprio con l’esibizione dal vivo di Dionigi Bianco; a questa è seguita la presentazione del cd.

A moderare una giovane laureata di Baselice, Michela Iannella che ha conosciuto Mascia in alcune bibliografie all’università. A preso poi la parola Giuseppe Ferro, vicesindaco di Baselice: “Ringrazio la famiglia Mascia per la sua presenza. Sono passati tre anni dalla scomparsa del professore e oggi lo vogliamo ricordare attraverso questo cd. Un uomo, il professor Mascia, che con il teatro ha saputo mettere in evidenza un’intera epoca che ha vissuto diverse difficoltà, facendo arrivare tutto a noi. Il professore Mascia è un punto di riferimento culturale per la nostra cittadinanza”. Il presidente della Comunità Montana del Fortore, Zaccaria Spina, presente all’evento, ha affermato: “Vi ringrazio per l’invito e sono felice di aver collaborato come Comunità Montana a questo evento.

Nonostante le difficoltà del momento, sono orgoglioso di aver dato un contributo per la realizzazione di questo cd, è un onore per la Comunità Montana”. Ha preso poi la parola il docente Angelo Iampietro, caro amico di Mascia che ne ha stilato una biografia completa. Le opere, la persona, tutto l’amore per il suo paese, questi i punti fondamentali e il ricordo commosso per un uomo di grande umanità. A chiudere l’incontro, Salvatore Brancaccio che non ha trattenuto la grande emozione: “Sono davvero emozionato stasera. Penso a quell’uomo che tanto ha dato alla sua comunità; oggi accanto ai suoi scritti, abbiamo anche le canzoni che lo ricorderanno. Ho fortemente voluto questo lavoro e sono felice della sua realizzazione. Sembra quasi che il professore stasera sia tra di noi. Ho un ricordo personale e bellissimo del professore Alfonso Mascia, e stasera è vivo e presente. Insieme al professore, voglio ricordare anche Michele Maddalena, scomparso anche lui prematuramente, perché è anche grazie a lui se le opere teatrali di Mascia, sono andate in scena negli anni passati”.

Durante la serata vi è stata anche l’interpretazione del Coro San Leonardo Abate di Baselice, con la voce solista di Incoronata Maddalena, di due brani del professore, musicati da Eugenio Pareo. Occhi lucidi tra i presenti che mai dimenticheranno il professore Alfonso Mascia, l’uomo innamorato della semplicità e del dialetto del popolo di Baselice.

Biagina Cece (Ottopagine/Benevento)

mercoledì 2 ottobre 2013

“Le musiche nei teatri di Alfonso Mascia”

Ecco la relazione integrale tenuta del prof Angelo Iampietro a Baselice la sera del 29 settembre 2013 in occasione della presentazione dei cd delle Musiche nei teatri di Alfonso Mascia

Ho accettato con onore e con estremo piacere la proposta che mi hanno rivolto gli amici organizzatori di questo incontro; è, questa, un’occasione per rivivere i tanti momenti di piacevole compagnia, che mi hanno visto vicino alla persona del prof. Alfonso Mascia, cui ero legato da lunga amicizia, da un profondo rispetto e da un infinito senso di stima. Mi permetto di associare a questi sentimenti quelli dei presenti qui convenuti questa sera.
La sua persona, dotata di intelligenza non comune, con l’impegno profuso nelle sue opere, scritte nel nostro dialetto, rappresenta non solo il faro, ma il vero baluardo in difesa della cultura popolare baselicese.

È questa una serata che ci consente di parlare dell’uomo Alfonso e della sua grande creatività, del suo impegno sociale, civile e culturale. È una serata che contiene in sé, tra gli altri, due elementi posti a fondamenta della vita: il dolore e la gioia; il dolore per la persona, di cui parleremo ampiamente e che non è più tra di noi, la gioia perché è stata portata a termine e viene qui presentata la raccolta musicale dei brani inseriti nelle sue opere teatrali, dei quali era fiero e fedele custode. Li canticchiava spesso, forse rievocando le figure ed i ruoli dei personaggi su cui si era incentrata la sua attenzione.

Era una persona all’apparenza scontrosa, riservata, solitaria, assorta nei suoi pensieri, molti dei quali indirizzati alla sua cara vigna, ma per chi lo conosceva era tutt’altro: affabile, cordiale, partecipativo, generoso, di compagnia; era uno che credeva molto nell’amicizia, pronto a spendere una parola positiva per chiunque; era un uomo dal cuore grande e tenero, che soffriva e si emozionava per gli aspetti negativi della nostra società, di fronte ai quali, a volte, faceva capire tutto il suo disappunto: allargava le braccia, per dire, “che possiamo fare!”; era sensibile, colto e creativo.

Il suo nome di letterato è legato al teatro, ma egli non ha scritto solo questo genere: vi è dell’altro, che lo qualifica per l’impegno negli studi di analisi sociale e di lunga e laboriosa ricerca linguistica per conoscere e farci comprendere a fondo gli elementi base del nostro dialetto, del quale ci fornisce con meticolosità non solo la sua struttura morfo-sintattica, ma anche la componente fonetica nella forma più fedele al nostro dialetto; ha reso la scrittura semplice così da favorire una lettura agevole per decodificare facilmente lo scritto e renderlo comprensibile a chiunque.
Egli ha scritto più opere, ma, certamente,quella, che gli ha dato più notorietà, è “Fortore, su il sipario!”; è una raccolta di scritti teatrali, alcuni dei quali sono stati rappresentati a Baselice per l’intero decennio degli anni ’90.
Ebbene, i drammi e le commedie contengono anche canti e musiche, elementi di completamento, di supporto e di coesione che valorizzano la rappresentazione.

Il caro Alfonso era un grande cultore della letteratura, del resto costituiva una parte essenziale della sua vita, avendola egli, come Professore di Lingua e letteratura Italiana e Latina, insegnata nei Licei di Stato.

E certamente, chi ama la letteratura che, in vario modo, si immerge nella vita dell’uomo ed ha lo scopo di far conoscere proprio i tanti aspetti di essa, non può che non coltivare qualche filone di questo ampio e diversificato racconto umano, sia se ha a che fare con il racconto remoto dei fatti (quelli storici), sia se ha a che fare con il suo vissuto.

Il prof. Alfonso Mascia, conoscitore e cultore della letteratura tutta, italiana e straniera, non poteva egli non cimentarsi con un filone ben definito e che egli predilige più di tutti gli altri: “il teatro”.

Come ben sapete, la letteratura comprende una vasta raccolta di opere importanti per la cultura di una nazione, di un popolo, di una comunità, che vanno dalla poesia epica alla poesia in sé sia come momento rappresentativo dello stato interiore dell’uomo, sia come osservazione, dal romanzo verista a quello psicologico, dal racconto giallo al romanzo rosa, dalle favole alle fiabe, dalle novelle al racconto fantascientifico, dai saggi ai pensieri e potrei continuare ancora.

Il Mascia aveva preferito, tra i tanti generi letterari, proprio quello, forse perché con esso poteva presentare, con più vivacità ed attinenza alla realtà, la vita dell’uomo con i suoi difetti, le sue gioie, le sue ansie, le sue passioni, la sua piena umanità, direi tutto il suo vivere.
Ancora studente si era attivato perché in Baselice, presso la vecchia sede della sala parrocchiale, utilizzata anche come sala cinematografica sotto l’attenta e vigile direzione dell’Arciprete Don Carmine Iarossi, si ritornasse a far teatro.

Il teatro era dentro di lui, era la sua passione, infatti, si cimenta, da regista, in rappresentazioni come “Danari di sangue” e il “Gondoliere della morte” alla fine degli anni Cinquanta; e poi negli anni Settanta in opere shakespeareane, come “ Macbeth” e “Amleto” rappresentate a Baselice con un soddisfacente livello di recitazione e quindi, di successo, coinvolgendo tanti adolescenti e giovani baselicesi, alcuni dei quali hanno recitato per decenni, rinvigorendo una tradizione, che, quando entra a far parte del “modus vivendi” è difficile che tramonti.
Per Baselice il teatro ha rappresentato molto, forse, molto di più di una tradizione: si pensi al teatro Petruccelli, ubicato in piazza Umberto e demolito agli inizi degli anni Sessanta.

Come docente propose rappresentazioni teatrali di ampio respiro culturale e sociale nel Liceo Scientifico di S. Bartolomeo con lavori di Eduardo de Filippo e di Roberto Bracco.

La sua opera continuò nel Liceo Classico di S. Marco dei Cavoti, dove furono proposte alcune delle sue opere.
Come si può ben notare, per Alfonso, il teatro era uno degli elementi di vita reale, importante per far acquisire conoscenze, per non far dimenticare il passato, per non interrompere quel legame che tiene uniti, in una comunità, il vecchio con il nuovo, ciò che è notorio con ciò che non lo è, allo stesso modo di un albero del quale, quando si osserva la chioma, bisognerebbe anche pensare all’estensione in profondità delle radici che consentono alla pianta di vegetare e crescere.

Ebbene, per noi Baselicesi, Alfonso, con tutti gli scritti teatrali lasciatici, ma non solo, in gran parte drammi e commedie, ha voluto che questo legame con il passato non si interrompesse, proprio perché in ognuno di noi ci fosse una memoria storica, elemento continuativo di civiltà e di cultura popolare di una comunità;

ha voluto che noi ricordassimo, tramite la sua penna, come egli percepiva il nostro vissuto, attento a comprenderne anche i più lievi cambiamenti, perché era ben cosciente che ci stavamo allontanando dal passato e che si inseguivano nuovi standard di modelli di vita.

Egli, però, non è nostalgico del passato, anche perché la vita del baselicese è stata vita magra, di sacrificio e di rinunce; a volte è stata vita di sofferenza, perché in larghe fasce della popolazione mancava l’essenziale, pur tuttavia, in essa, coglie l’aspetto umano e solidale, che in quella comunità non era venuta mai meno. Nelle sue opere vi è, quindi, sempre un elemento partecipativo di comunione di persone, che coinvolge l’intera comunità o parte di essa, unita anche da vincoli di sangue, in cui non esiste il singolo come individuo, che, da solo, deve affrontare situazioni difficili, perché ha intorno a sé altri, che lo aiutano, lo incoraggiano, lo sostengono. Nella nostra comunità, nel passato, l’uomo non è stato mai solo e non ha conosciuto la solitudine; anche la povertà veniva divisa in parti uguali, senza che nessuno la nascondesse.

Non si sentiva la solitudine per ciò che mancava o era troppo poco. Del resto, la ricchezza stava in quel mondo in cui i vecchi non erano mai soli, dove i bimbi avevano l’affetto e le cure che meritavano, dati senza alcuna parsimonia maggiormente dai nonni. Era, per lui, questa la forza di quel mondo trascorso che egli ha voluto rappresentare, perché era cosciente che il mondo moderno, tra tutti i vantaggi che presenta, è deficitario, spesso, dell’elemento comunitario, che lascia l’uomo solo al suo destino; è questo un elemento poco umano e poco costruttivo della nostra vita contemporanea.

Questi elementi di vita sociale ed umana li troviamo anche in “ Così si pensa e si dice”, opera pubblicata nel 2005, nella quale raccoglie per temi, motti, arguzie e filastrocche, riguardanti il nostro vissuto, sempre nel vernacolo baselicese, che, consente, come egli dice nella prefazione: - …un viaggio affascinante nella storia e conserva vivacità e freschezza -.

L’opera più conosciuta è, senz’altro, “Fortore, su il sipario!”; è la pubblicazione che troviamo in quasi tutte le case; essa è una raccolta teatrale che comprende i drammi sociali, i drammi storico-culturali e le commedie. E’ un’opera che, di tanto in tanto, va letta, perché in essa c’è parte della nostra vita e, oltretutto, quella dei nostri antenati. Non per niente poc’anzi parlavo di “memoria storica”, cioè quel ricordo che non può essere dimenticato, mi si scusi per il gioco di parole, ma è proprio così; infatti se la nostra società difetta, a volte, di ciò che un tempo si diceva “buon senso”, è perché non si ha completa consapevolezza del “ricordo del passato”, elemento di continuità pur nella modernità.

Un popolo senza memoria storica non va molto lontano, perché la sua vita è legata al contingente e, spesso, all’effimero; sono state tagliate le sue radici, cioè la sua storia: ciò che potrei definire “albero della memoria”. L’identità di una popolazione sta proprio nella sua cultura se si è consolidata attraverso le sue radici storiche che hanno fondamento e punti di riferimento nel passato . (Attenzione, quando parlo di cultura mi riferisco a tutto ciò che egli quotidianamente fa e lo trasmette con orgoglio: relazioni sociali, rispetto delle norme e delle consuetudini, comportamenti condivisi e che ci vengono dagli antenati, uso della parola, continuazione nella preparazione dei piatti tipici, avere pieno rispetto degli altri, godere di buon nome nella comunità, essere solidali e partecipativi, vivere con senso religioso).

Alfonso Mascia ci ha lasciato con i suoi scritti in vernacolo un grande patrimonio di arte letteraria, una ricchezza culturale, di cui dobbiamo essere fieri, perché sono poche le comunità che hanno avuto la fortuna (ed è proprio il caso di dirlo) di conservare e custodire il nostro modo di vivere ( usi, costumi, tradizioni, storia, folklore), per iscritto , in cui, le forme comunicative e gli elementi linguistici sono ben codificati, quindi, quel mondo rappresentativo di quella vasta cultura popolare che non vedrà mai la fine.

Lo scritto è eterno!. Se così non fosse stato, avremmo avuto il racconto orale del nostro passato, ma, come si sa, questo, più prima che dopo, si perde sotto l’incalzare delle nuove epoche e dei nuovi linguaggi, che fanno da padrone su quel mondo per loro obsoleto.
Accennando ai linguaggi, mi corre l’obbligo di ricordare, tra le altre, una grande e unica opera, dal valore culturale inestimabile, di ricerca linguistica “Il dialetto baselicese, dizionario, grammatica, appendici”, pubblicato nel 2001. È questa un’opera che lo ha visto impegnato, con un lavoro di ricerca capillare e pazienza certosina per circa due decenni e mi risulta che stesse ancora lavorando sul testo, per arricchirlo con lemmi che, da linguista temperato, sottoponeva ai suoi studi quotidiani. E’ un’opera completa perché riporta correttamente l’esatta traduzione in lingua italiana del corrispondente vocabolo in vernacolo, la sua grammatica, le varie forme linguistiche, le espressioni tipiche, l’etimologia del vocabolo. Un lavoro veramente grande e vantaggioso per la cultura della nostra popolazione.

Grazie prof. Mascia di questo dono unico che hai voluto che noi conservassimo gelosamente. Comunità così piccole non posseggono questi tesori!. Pur tuttavia, il vocabolario fu pubblicato a sue spese, pressato dagli amici che tanto tenevano ad averlo. Dico questo in quanto Baselice, pur avendo avuto persone che tanto si sono prodigate perché il suo buon nome, tramite gli scritti e le pubblicazioni, andasse oltre i confini, esse, non sempre, hanno ricevuto il necessario pubblico sostegno e, quindi, una maggiore facilitazione nella divulgazione. Ma, come si vede, quando è forte la volontà che tutto non resti nel cassetto, prima o poi, si apre qualche porta che dà l’aiuto necessario alla sua divulgazione, come nella seconda pubblicazione di “Fortore, su il sipario!”, del maggio 2009, fortemente voluta dal compianto amico Consigliere Provinciale Michele Maddalena, impegnato in prima persona per la sua stampa, con il sostegno economico a completo carico dell’Amministrazione Provinciale di Benevento.

Grazie Michele per l’impegno profuso per la realizzazione dell’opera, della quale sei stato sostenitore, promotore e fortemente convinto della sua necessaria pubblicazione, resa più completa con l’aggiunta di alcuni drammi e commedie, che riportano tutti la traduzione in lingua italiana, mancando nell’omonima precedente del 1989.

Grazie per il contributo culturale dato, allorquando, tu sei stato promotore e regista nella rappresentazione di alcuni drammi, che, puntualmente, venivano presentati al pubblico nel salone delle Scuole Elementari, durante le festività natalizie per oltre un decennio.
La tua improvvisa dipartita, la cui mancanza l’avvertiamo ogni giorno, ci ha privati dell’opera che stiamo qui stasera a presentare: ”Le musiche nei teatri di Alfonso Mascia”, che avrebbero dovuto completare la pubblicazione di “Fortore, su il sipario!” del Maggio 2009; è essa una raccolta in tre volumi, contenuti in un cofanetto pregevole ed elegante, dono fatto ai Baselicesi che ne hanno fatto richiesta.

I brani musicali, le cui musiche sono di giovani musicisti, tutti baselicesi, che, degnamente, hanno messo a disposizione della cultura teatrale, con impegno, perseveranza ed intelligenza, tutto il loro talento, da oggi sono un patrimonio comune; sono brani di alto valore artistico per la sensibilità che essi trasmettono, per l’adeguamento al testo ed al contesto in cui si svolgono le vicende, per le emozioni che essi creano nell’ascoltatore, dando al contesto rappresentativo un alone magico di suggestione e di trasporto musicale. I loro nomi necessitano di essere ricordati anche ad un pubblico giovane, che non ancora ha avuto la fortuna di vivere la magia e l’emozione del teatro del prof. Mascia, al completamento del quale, elemento caratterizzante era ed è il trasporto del “ canto di Orfeo”, come si diceva nell’antichità, allorquando si indicava la dolcezza e l’incanto totale del canto e del suono, sostegno ed accompagnatore, in simbiosi con la recitazione.

I loro nomi sono: Dionigio Bianco, Sandro Paolozza, Eugenio Pareo. Se mi è sfuggito qualcuno di essi, non lo si è fatta a posta e me ne scuso.
Non molti giorni fa, l’ incontro con uno di questi musicisti mi ha profondamente emozionato, allorquando, parlando delle canzoni e delle musiche che fanno da sottofondo musicale e che accompagnano per intero il teatro di Alfonso, egli mi riferiva, con un trasporto coinvolgente di spiritualità, di unità d’intenti e di umanità, l’elemento creativo delle musiche, le tecniche adoperate e il contributo che Lui (Alfonso), tante volte, dava per la ricerca del ritmo e dell’armonia musicale, perché si accordassero sublimemente con il testo poetico da lui scritto.

Come si sa, quando si compone una canzone vi è prima il testo poetico e, poi, su di esso si creano l’armonia e il ritmo musicale, che contribuiscono alla sua intensità emozionale. Come si può ben notare, in questo contesto, l’elemento musicale ed il canto sono parti integranti e di primaria importanza per la riuscita e l’apprezzamento dell’opera teatrale. Posso ben affermare che il teatro del Mascia è un’opera completa, dove, parola, musica, canto, azione scenica, fatti, situazioni, racconti e ruolo dei personaggi si integrano in modo tale, che, ognuno di questi diventa un elemento indispensabile per l’amalgamo, l’equilibrio e l’armonia dell’opera.

Nel cinema vi è la colonna sonora, che accompagna il filmato, la cui intensità, in rapporto alle visioni sceniche, trasmette non solo emozione, ma è parte attiva per una maggiore partecipazione ed un preciso intento di coinvolgimento del pubblico presente.

I canti e le musiche, che sono parte integrante dell’opera teatrale del Mascia, danno allo spettatore, tramite la rappresentazione, una forte intensità emotiva; egli è coinvolto e partecipe nel seguire l’azione scenica; ne sente il trasporto, anche perché si parla la sua lingua (il dialetto baselicese) e si ripropone il “modus vivendi” che è appartenuto ai padri o che gli appartiene ancora direttamente, perché ricco di valori di vita che, per fortuna, non vanno mai in disuso o dismessi, come vecchi abiti o come le mode.

I brani musicali ed i canti, contenuti in questi due CD sono 22; essi sono stati registrati da “Aldroc studio Baselice” del maestro Aldo Pareo, che ne ha curato anche gli arrangiamenti; hanno collaborato, infine, per la completezza dell’opera: il Coro S. Leonardo Abate dell’omonima Parrocchia, Antonio del Vecchio, Michele del Vecchio, Incoronata Maddalena e Lorenza Cece.

A tutti coloro che hanno avuto parte attiva, per il contributo artistico offerto, perché la realizzazione di queste splendide musiche e canti contenuti nei due CD musicali che, questa sera vengono presentati al pubblico e che molti di noi, da tempo, auspicavano che fossero realizzati, va un sincero apprezzamento e ringraziamento, proprio perché si è offerto, tramite essi, un ulteriore contributo culturale a tutta la nostra comunità baselicese, facendo sì che il suo sapere musicale non fosse andato per sempre perduto. È esso un patrimonio, che non solo ci arricchisce, ma ci identifica, ci caratterizza e ci rende orgogliosi della nostra appartenenza.

I canti e le musiche, inoltre, sono la testimonianza viva dell’impegno di due persone che, pur nella diversità dei ruoli, molto si sono attivati per la cultura baselicese e che tanto ci mancano.
In ultimo, non posso non rivolgere una parola di apprezzamento, di stima e di ringraziamento per la persona del Sindaco dott. Domenico Canonico, della Sua Giunta, dei Consiglieri dell’Amministrazione Comunale di Baselice per aver dato, in concreto, forza e sostegno nello sponsorizzare, insieme alla Comunità Montana del Fortore,con la presenza del presidente dott. Zaccaria Spina, questo incontro, che ha, del resto, una valenza culturale di tutto rispetto. Infine, non voglio tralasciare i meriti per le persone, tra queste l’assessore Salvatore Brancaccio in primis, che hanno fortemente voluto e si sono tanto attivate per la riuscita di questo incontro, che meritava di essere vissuto intensamente, per dare il giusto riconoscimento ad un uomo che tanto ha dato alla nostra comunità, anche se ci ha visti, in alcuni momenti, fortemente emozionati. Del resto non poteva che essere così!.
Si ricorda per non dimenticare, perché tutto il passato ci appartiene e, quando non si vuole dimenticare, è anche naturale che nel ricordo gli occhi possano luccicare.

Grazie amico Alfonso per l’ampio patrimonio di scritti che ci hai lasciato; essi saranno sempre ben accolti in ogni tempo; sono e saranno la testimonianza del tuo impegno civile, di uomo colto e umano, di professionista rigoroso e virtuoso, che resteranno e resisteranno, ancor più di un monumento di marmo, nella nostra e nella futura memoria a testimonianza di quel mondo che hai voluto rappresentare col tuo forte senso di appartenenza; quel mondo che era la base del tuo vissuto e ne rappresenta il nostro per continuità di valori, di impegno civile e di difesa della nostra cultura. Lunga memoria ai vivi, nel ricordo perenne di tutti coloro che hanno contribuito con gli scritti e con l’arte ad innalzare il livello culturale ed il buon nome di Baselice. La buona cultura non conosce limiti di spazio e non è mai contenuta nel tempo, perché essa ha in sé il carattere di universalità e di eternità.
In conclusione, mi sia consentito di salutare pubblicamente la famiglia del caro Alfonso, alla quale sono legato, da tanti decenni, da vincoli di profonda amicizia .
Ringrazio, infine, gli intervenuti per l’attenzione e la pazienza mostrate nel seguire il mio intervento.
Buonasera a tutti!.
Baselice, 29 Settembre 2013