mercoledì 3 luglio 2013

Rimborsi e consiglieri regionali indagati

Ristoranti, alberghi, regali agli amici, perfino giocattoli per bambini. Due milioni e mezzo di euro di fondi regionali bruciati, denaro pubblico utilizzato per fini “strettamente privati”. Per questo la Procura di Napoli ha emesso 57 inviti a comparire nei confronti di altrettanti consiglieri ed ex consiglieri regionali della Campania.

Nei provvedimenti, notificati da parte del Nucleo di polizia tributaria delle Fiamme Gialle nella sede dell’Assemblea, si ipotizza il reato di peculato. L’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Francesco Greco e svolta dal pm Giancarlo Novelli, riguarda uno dei filoni di indagine sul presunto uso improprio dei fondi corrisposti a gruppi consiliari o a singoli consiglieri.

In particolare gli avvisi emessi oggi si riferiscono alle somme di denaro corrisposte nel biennio 2010-2012 nell’ambito dei fondi per il “funzionamento dei gruppi”. Gli inviti a presentarsi per rendere interrogatorio – come spiegano fonti giudiziarie – sono necessari all’accertamento delle eventuali responsabilità: ai consiglieri indagati, in assenza di una documentazione sulle spese (l’erogazione dei fondi infatti non prevede la presentazione di ricevute o di qualsiasi “pezza d’appoggio”), verrà chiesto infatti si chiarire come è stato utilizzato il denaro ricevuto.

Nell’inchiesta non risulta coinvolto il Presidente della Regione Campania Stefano Caldoro. Dagli accertamenti eseguiti dalla Guardia di Finanza è emerso infatti che non ha ritirato alcuna somma dal fondo messo a disposizione dei gruppi consiliari. Non risultano indagati inoltre alcuni consiglieri che si dimisero dalla carica e non percepirono rimborsi.

Per quanto riguarda i partiti, secondo l’ipotesi degli inquirenti, i consiglieri del Pdl avrebbero ritirato indebitamente l’89% dei rimborsi, il Pd l’82%, l’Idv il 95%, il Nuovo Psi il 91%, l’Udc il 65%. La somma complessiva erogata nel biennio 2010-2012 è stata quantificata intorno ai due milioni e mezzo di euro.

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martedì 2 luglio 2013

Muore il Fortore con tutti i filistei

Postiamo uno stralcio di un interessante articolo apparso su benevento.ottopagine.net dal titolo: "In fuga dalle metropoli. Ma il Sannio non attrae". Da anni ormai sottolineiamo come la vicenda del calo demografico sia un problema drammatico per il Fortore, che prima o poi lo porterà alla sua estinzione sociale. Ma a tutt'oggi, a quanto ci risulta, nessuna amministrazione ha messo in piedi una vera politica antispopolamento, come ad esempio incentivi in favore di giovane coppie che non vogliono intraprendere le strade dell'emigrazione. Eppure, come si legge qui sotto, la situazione dei numeri dovrebbe far rizzare i capelli alla nostra classe politica, che invece utilizza il tema dello spopolamento solo in campagna elettorale

(...) Nel Sannio che si spopola ci sono aree dove il fenomeno è letteralmente drammatico ma anche episodi di successo. Comunque prevalgono decisamente le prime: ben 51 comuni su 78 hanno visto diminuire la propria popolazione residente nell’ultimo decennio. In particolare, fatto ormai notorio, sono i comprensori più interni a pagare lo scotto della desertificazione demografica che con la crisi si è ulteriormente accentuata. Il Fortore in particolare è una terra martoriata dalla progressiva perdita di popolazione. Solo qualche esempio per rendere la portata del trend: dal 2002 al 2012, Castelvetere Valfortore ha visto ridursi la propria popolazione di 469 unità, passando da 1.810 a 1.341.

Il che vuol dire in altri termini che nel breve volgere di un decennio il centro fortorino ha perso oltre un quarto della propria consistenza (25,9%). Appena meno eclatanti i riscontri di Colle Sannita (560 abitanti in meno per un tasso di spopolamento del 18,4%), Molinara (-15,1% con 293 residenti lasciati per strada), Baselice (337 abitanti in meno; -11,9 per cento). Una menzione a parte per San Bartolomeo in Galdo. Quello che un tempo usava essere definito il capoluogo del Fortore è piombato da anni in una terribile crisi demografica che l’ha portato nel 2012 a scendere per la prima volta nella sua storia sotto quota 5mila: 4.987 abitanti. Anche nel Tammaro, nell’Alto Sannio e nel Titerno gli indici di desertificazione demografica toccano punte da brivido.

Ma c’è anche come dicevamo chi negli ultimi dieci anni si è espanso. E’ soprattutto il caso di Telese Terme, una autentica locomotiva dello sviluppo nel Sannio con i suoi 1.362 abitanti guadagnati dal 2002 pari a un tasso di crescita del 23,7 per cento. Tendono a crescere in generale i centri più grandi della provincia come Montesarchio (+364 abitanti) e San Giorgio del Sannio (+337), ad eccezione di Sant’Agata de’ Goti che invece è in rosso di 302 unità. Del resto pagano lo scotto anche comuni di un certo rilievo come Paduli (-220 abitanti) e Morcone (-86), mentre si salva Pietrelcina (+54). Da tenere in considerazione San Nicola Manfredi che con i suoi 468 abitanti guadagnati è il secondo centro della provincia per tasso di crescita (+14,5 per cento).

lunedì 1 luglio 2013

Mastronardi ha presentato il suo libro «Viteliù-Il nome della libertà»

di Leonardo Bianco

"Una storia di persone che dà emozioni”. Così, in sintesi, la definizione dell’autore Nicola Mastronardi, del suo “Viteliù- Il nome della libertà”, presentato sabato sera alla Biblioteca comunale di San Bartolomeo in Galdo “Giovanni Vergineo”. L’intento del giornalista e scrittore molisano è quello di “dare dignità storica ad un territorio che pare non l’abbia”.

Nicola Mastronardi con il suo romanzo storico ripercorre le vicende di un popolo, quello sannita, che non si è distinto solo per aver tenuto testa per lungo tempo a Roma, ma che ha anche contribuito alla costruzione di un impero.

La storia di una civiltà, quella delle tribù italiche (i Sanniti, i Marsi, i Peligni, i Piceni), che ha dominato per nove secoli i territorio del centro e del sud Italia. Storia di in un popolo che ha difeso con tenacia la propria dignità e la propria identità contro l’espansione dell’impero romano. “Viteliú”, termine osco da cui deriva la parola latina Italia, dunque, è un viaggio nella storia, attraverso il quale l’autore vuole riscoprire le proprie radici e le radici di un popolo per troppo tempo dimenticato.

Il romanzo inizia diciassette anni dopo i tragici eventi del 91 a.C. quando “la popolazione picena di Ascolum trucidò tutti i romani presenti in città” e che provocò la guerra sociale e poi civile, la quale terminò con il massacro degli italici ad opera di Lucio Cornelio Silla. Tutto ha inizio da un incubo del passato che spinge un vecchio cieco – l’embratur sannita Papio Mutilo, che su di sé sente tutta la responsabilità del genocidio subìto dal suo popolo – a riprendere in mano il proprio destino e quello del nipote Marzio, salvato dalle stragi dei sicari di Silla. Il loro avventuroso viaggio porterà Marzio, e con lui il lettore, a conoscere la storia e le terre delle genti che costruirono la prima nazione cui fu dato il nome di Italia. “Un libro che nasce dall’intima necessità dell’autore di trovare la propria identità, le proprie radici”.

Queste le parole che ha usato Salvatore Colatruglio, esponente dell’associazione culturale, “generoso Simeone” e promotore dell’evento. A Colatruglio è toccato il compito di introdurre l’argomento con un excursus storico attraverso le tre guerre sannitiche che videro la Repubblica romana contrapporsi alle popolazioni italiche.

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