giovedì 17 marzo 2011

150esimo, l'Altro sud scrive a Napolitano

di Antonio Gentile*

Caro Presidente,
per questi centocinquant'anni di unità nazionale Lei ci chiede di festeggiare, di commemorare. Ci chiede di sventolare il tricolore e magari di cantare l'inno di Mameli, abbracciando gli altri fratelli italiani.

Ma la storia dell'Italia unita, quella vera, per noi Meridionali, è stata anche una storia di umiliazione, di sopraffazione, di sfruttamento. Il Sud ha visto dopo l'Unità nazionale perdere la sua autonomia sotto la violenza sanguinaria delle baionette piemontesi.

Ha visto la sua economia sacrificata all'interesse prevalente delle regioni settentrionali. Ha visto milioni dei suoi concittadini lasciare con rassegnazione e per sempre la loro terra, tra il dolore irrefrenabile delle madri e delle mogli, per finire spesso nei ghetti delle nebbiose città padane o di altre parti del mondo - “dobbiamo separarci come morti, eppure siamo vivi” - , e sentire sulla propria pelle il disprezzo e il razzismo dei “fratelli” del Nord. Si ricorda le scritte “non si fitta ai meridionali” oppure “vietato l'ingresso ai meridionali”.

Questo Sud ha visto centinaia di migliaia dei suoi giovani migliori costretti a morire atrocemente per difendere la nuova patria al grido “avanti Savoia”, come nel caso della Prima Guerra mondiale che, come tutti sanno, è stata una vera macelleria di uomini, mandati a perire in terre lontane e sconosciute per motivazioni che, dalle nostre parti, non interessavano a nessuno.

Ha visto prosperare l'altra Italia, favorita nello sviluppo industriale, per la costruzione di infrastrutture, di servizi, di trasporti, mentre il suo ruolo era sostanzialmente quello di essere una colonia di consumo dei prodotti delle industrie settentrionali, di fornitore di manodopera e luogo per drenare ricchezza da investire nelle regioni più ricche.

Soprattutto, il nostro Sud, con questa unità, ha visto cancellare la propria identità storica, diventata anzi motivo di umiliazione. E così è stato per il nostro immenso patrimonio artistico e culturale, testimonianza straordinaria di un grande passato, precipitato in gran parte nel degrado e nell'oblio.

Lei parla, Caro Presidente, di Italiani e di unità nazionale, mentre i sostenitori dell'inferiorità razziale, psicologica, sociale e morale degli Italiani del Sud, così come avveniva all'inizio del Novecento con “la verità della dottrina positiva”, tornano a tuonare contro il Meridione parlando delle “due razze”, delle “due psicologie” e chiedere indisturbati la secessione dai loro “fratelli terroni”.

Oggi, gli uomini dalla “svastica verde”, che devono gran parte del loro successo politico proprio al pregiudizio anti-meridionale, guidano incredibilmente il governo italiano, sottraendo ricchezza e futuro alla gente del Sud, mentre portano avanti il loro progetto di divisione del Paese. Progetto, quest'ultimo, strutturato agli inizi degli anni Novanta e che porterà il Mezzogiorno a staccarsi dall'Europa, diventando il primo stato-mafia del Vecchio Continente.

Il Sud affonda nel degrado del suo patrimonio naturalistico, cementificato e avvelenato dai rifiuti tossici inviati dalle altre regioni italiane. Affonda, come in una immensa periferia d'Europa nella disoccupazione, nella precarietà, nella violenza delle mafie, nella povertà delle sue famiglie, nel tradimento dei suoi rappresentanti politici.

Dunque, Caro Presidente Napolitano, Lei ci chiede di gridare “viva l'Italia”. Ma che Italia è mai questa? Dove sono i nostri fratelli? Dov'è la dignità del nostro popolo? Dov'è il nostro futuro comune?

Noi ci inchiniamo davanti a Lei perché Lei è e rimane il nostro Presidente. Perché Lei è figlio autorevole di quell'altro Sud per cui noi ci battiamo.
Ma La prego non ci chieda di festeggiare. Proprio non ci riusciamo.

Nei giorni che si sono voluti dedicare all'Unità d'Italia tutti noi daremo invece un contributo di solidarietà ai nostri cittadini più sfortunati, con un gesto d'amore per la nostra terra, avendo però dentro tutta la rabbia e il dolore per questa Italia mai realizzata.

*Presidente nazionale de L'Altro Sud

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