sabato 19 luglio 2008

Prima emigranti, ora pendolari di lungo raggio


Il Mezzogiorno come “periferia d'Europa”. Così il rapporto Svimez 2008 definisce il sud Italia che non tiene al brusco peggioramento del quadro internazionale e continua a perdere terreno anche rispetto al resto del paese. Mettendo a segno per il sesto anno consecutivo una crescita più bassa rispetto al centro-nord: il Pil si ferma infatti allo 0,7 per cento contro l'1,7 delle regioni settentrionali. E non basta. Secondo l'associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno rallentano anche gli investimenti (nel 2007 un timido +0,5 per cento a fronte del + 2,4 per cento dell'anno precedente, segno del peggioramento del clima di fiducia delle imprese) e i consumi sono stagnanti, con la spesa delle famiglie meridionali che si attesta a +0,8 per cento, circa la metà della spesa media italiana (+1,5 per cento). Ma sono le condizioni economiche a preoccupare di più. Nel meridione oltre la metà delle famiglie monoreddito (51 per cento) è a rischio povertà, rispetto al 28 per cento nel centro-nord. Neppure raggiungere un buon livello di istruzione, spiega il rapporto Svimez 2008, tutela dall'esposizione al rischio povertà: si trova in questa situazione il 9,4 per cento dei laureati residenti al sud. Secondo i dati dello Svimez, nel 2005 ben il 18 per cento delle famiglie ha percepito meno di mille euro al mese (contro il 7 per cento del centro-nord), e un ulteriore 20 per cento circa ha guadagnato una somma tra i mille e i 1.500 euro mensili. Va male soprattutto in Sicilia, dove addirittura più di una famiglia su cinque ha guadagnato meno di mille euro al mese nel 2005.

Una situazione pesante dunque, aggravata dal fatto che al sud quasi 14 famiglie su 100 hanno più di tre persone a carico (rispetto al 4,1 per cento nel centro e nord Italia), con punte del 18 per cento in Campania. Ma le criticità riguardano anche aspetti di vita quotidiana. Ci sono famiglie, sottolinea infatti il rapporto 2008, che non possono permettersi un pasto adeguato almeno tre volte a settimana (10 per cento sul totale meridionale), nè riscaldare adeguatamente l'abitazione (20 per cento) o comprare vestiti necessari (28 per cento), o ancora acquistare medicinali (un altro 20 per cento).
Vasca e doccia in casa, rileva infine lo Svimez, mancano ancora al 2 per cento delle famiglie pugliesi, all'1,5 per cento di quelle calabresi e all'1,4 per cento delle siciliane.

Non va meglio sul versante del lavoro. Nel 2007 il Mezzogiorno ha registrato un'occupazione a crescita zero, a fronte di un aumento dell'1,4 per cento al centro-nord (+234 mila addetti in valori assoluti). Allo stesso tempo il tasso di disoccupazione reale al Sud va oltre il 28 per cento.
Come negli anni scorsi, evidenzia il rapporto Svimez, continua a registrarsi un calo dei disoccupati: -66 mila al centro nord e -101 mila al sud, con una flessione rispetto all'anno precedente rispettivamente dell'8,6 per cento e dell'11,2 per cento. Ma non tutti i disoccupati hanno trovato un nuovo lavoro, una quota consistente ha smesso di cercarlo. Lo scorso anno al sud gli inoccupati sono aumentati infatti di 147 mila unità (+248 mila disoccupati impliciti, -109 mila disoccupati espliciti).
Aggiungendo ai disoccupati ufficiali quelli impliciti, il tasso di disoccupazione reale al sud nel 2007 dall'11 per cento attuale sarebbe quindi oltre il doppio (28 per cento), a fronte del 6,9 per cento delle regioni settentrionali. Ma il vero punto dolente per il meridione resta il sommerso, che riguarda circa un lavoratore su cinque (ovvero il 19,2 per cento), a fronte del 9,1 per cento del resto d'Italia.

Legato a doppio filo alla disoccupazione c'è il fenomeno dell'emigrazione verso le regioni settentrionali. Secondo il rapporto Svimez, negli ultimi dieci anni (dal 1997 al 2007) oltre 600 mila persone hanno abbandonato il Mezzogiorno per trasferire la propria residenza al centro-nord. Nello scorso anno si sono contati 120 mila trasferimenti di residenza, ai quali si aggiungono 150 mila pendolari di lungo raggio, che si spostano temporaneamente al centro-nord per lavorare.

Questi flussi di mobilità unidirezionale sud-nord, evidenzia l'associazione, sono un caso unico in Europa e testimoniano la distanza economica tra le due aree d'Italia.
I nuovi emigranti sono in larga parte “pendolari”: soprattutto uomini, giovani (l'80 per cento ha meno di 45 anni), single o figli che vivono in famiglia, con un titolo di studio medio-alto e che svolgono mansioni di livello elevato nel 50 per cento dei casi, a conferma dell'incapacità del sistema produttivo meridionale di assorbire mano d'opera qualificata. Alti costi delle abitazioni e contratti a termine spingono poi a trasferire definitivamente la residenza. Lombardia, Emilia Romagna e Lazio restano le tre regioni prescelte dai nuovi emigranti.
Le regioni invece più soggette al pendolarismo di lunga distanza verso il nord sono Campania (50 mila unità), Sicilia (28 mila) e Puglia (21 mila).Ma il Mezzogiorno è anche fortemente penalizzato dalla mancanza di infrastrutture, da quello che lo Svimez chiama “non sistema dei trasporti”.

(tratto da "Velino" del 18 luglio)

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