venerdì 21 dicembre 2007

LE PAURE UCCIDONO LA SPERANZA

“Il nemico contro cui bisogna lottare siamo noi stessi. Con le nostre paure che uccidono le nostre speranze”. Mi è rimasta scolpita nella mente la frase detta da Placido Rizzotto ai “suoi” braccianti siciliani, che si battevano per avere un pezzo di terra da coltivare, in una sala misera e disadorna della Camera del lavoro di Corleone. Il sindacalista fu ucciso dalla mafia nel 1948 e la sua storia raccontata in un film dal regista Pasquale Scimeca.
L’ho visto in dvd l’altro giorno. Una vicenda di soprusi e di sopraffazioni. Ieri come oggi. Nulla è cambiato: il Sud resta uguale a se stesso. Come se il tempo non fosse mai trascorso da quella sera in cui Placido venne fatto scomparire. L’oltraggio di un uomo indifeso. Metafora di un Sud abbandonato a se stesso.
Ma in questo ‘maledetto’ Sud bisogna, viverci, amarlo e odiarlo per comprenderne l’animo più intimo. E noi piccole genti di questa terra prendiamo a prestito quel monito. Iniziamo a non aver paura e forse una piccola rivoluzione l’avremmo già compiuta.

lunedì 17 dicembre 2007

LE ELEZIONI E I FURBETTI DELLA POLITICA

Si avvicinano le elezioni provinciali e tra un po’ inizierà il solito show dei furbetti della politica. Schiere di candidati inizieranno a transitare nelle piazze dei nostri comuni a fare promesse a destra e a manca con l’unico scopo di coltivare il proprio orticello. Chiusa la kermesse ci si rivedrà alla prossima tornata elettorale.
 
E allora invece di far decidere alle segreterie politiche i candidati da proporre, importiamo anche qui il metodo delle primarie. Si chieda ai cittadini da chi vogliono essere rappresentati. Si apra un dibattito serio sul futuro del Fortore. Gli elettori sono stanchi dei mestieranti della politica che lavorano nell’ombra. Non è infatti nelle sale di qualche agriturismo - con la mente annebbiata da un buon bicchiere di vino dopo aver gozzovigliato di tutto e di più - che si decide il destino di questa terra. I cittadini vogliono trasparenza, partecipare direttamente e non più delegare agli altri le proprie sorti.

Intanto i figli del Fortore emigrano e i padri maledicono generazioni di politici che per anni hanno votato.